Sarebbe interessante chiedere quanti, nella nostra zona, conoscono la figura e l’opera di padre Giovanni Semeria (1867 – 1931), sacerdote originario di Coldirodi, che ha fatto della sua vita una missione a favore dei poveri e degli orfani di guerra. Formidabile predicatore, capace di toccare i cuori con la sua parola, uomo di cultura attento ai segni del tempo, fu capace di interpretare i bisogni di un’epoca turbolenta nella quale l’anticlericalismo era molto diffuso e la Chiesa attaccata da ogni parte. Queste le parole con cui don Cesare Faiazza, dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, ha presentato la figura del barnabita che a cavallo del novecento ha lasciato un solco tanto profondo e, forse, non troppo conosciuto ed apprezzato ai nostri giorni.
Alla presenza del vescovo Suetta e dei sacerdoti della diocesi si è svolta venerdì scorso, a Riva ligure, in occasione della solennità del sacro Cuore, la giornata di santificazione del clero.
L’intervento di don Cesare ha tratteggiato la storia del padre collantino che ha vissuto come un girovago – veniva scherzosamente soprannominato «SempreVia», per visitare le molte fondazioni disseminate in tutta Italia.
Insieme a don Minozzi si dedicò a risolvere il dramma degli orfani, figli dei caduti della Grande Guerra, dimostrando la capacità di rispondere in modo concreto ad un problema reale che affliggeva l’Italia. Non solo:« Egli è stato un grande comunicatore del vangelo. Scrisse pagine stupende dedicate ai sacerdoti, chiedendo loro – racconta don Faiazza – di rendersi capaci di dialogare con l’uomo del loro tempo, per rendere comprensibile il messaggio di Cristo». Per fare questo Semeria sottolineava fortemente il valore dello studio ed invitava ad usare formule adeguate ai tempi senza alterare però la verità eterna di Dio. Per questi motivi si venne a trovare esposto a critiche e a sospetti (in tempi di modernismo) e venne «esiliato» in Belgio.
La sua storia meriterebbe di essere studiata, anche per confrontarla con quelle di don Mazzolari e di don Milani. Quando si ha un passo diverso, più veloce, spesso si rischia di non essere compresi. Ma questo fa parte della vita di ogni profeta che, in tutti i tempi, quando si percorrono strade nuove, suscita reazioni diverse. L’equilibrio vero, per lui come per altri personaggi, lo hanno rivelato accettando l’obbedienza che la Chiesa domanda ai suoi figli, ma che solo i santi accettano.
A queste considerazioni si possono avvicinare le parole che monsignor Suetta ha pronunciato durante la celebrazione che, prima del pranzo fraterno, ha radunato i sacerdoti attorno al loro pastore nel Santuario della Madonna del Buon Consiglio. «Gesù chiama i suoi discepoli, in primo luogo, perché stiano con lui». Nella festa del sacro Cuore questo significa che la nostra vocazione è prima di tutto «vivere una relazione profonda e totale con Cristo».
La giornata ha visto anche la celebrazione di anniversari particolarmente significativi: don Giorgio Bellotto ha festeggiato il 60° anno di ordinazione. Mentre altri quattro sacerdoti hanno ricordato il loro 50° anno di ordinazione: il somasco padre Carlo Crignola, il minore padre Enrico Ercoli, il salesiano padre Adriano Scurato ed il nostro don Pietro Rossi. Grazie a Dio per questo dono grande.