Solo un miracolo potrà salvare la politica»: questo il sottotitolo che Luigi Amicone, direttore di «Tempi» ha voluto dare all’incontro: «La risposta della politica alla violenza internazionale», tappa mensile del programma di «PerCorso», il cartellone culturale organizzato dalla diocesi. Subito spiegata la sintesi provocatoria data da Amicone: «Oggi il potere politico è ridimensionato, è di certo ancora casta, ma non è più quello di una volta. Forse in parlamento c’è ancora chi vanta un reddito elevato, ma se pensiamo al potere di un amministratore di città subito vediamo come se si vuole fermarlo arriva facile un avviso di garanzia che ha il potere di squalificarlo e renderlo inefficace. E anche il potere del popolo è ridimensionato: irriso da circoli culturali che detengono il controllo dei media
e lo criticano quando non vota secondo la dottrina globale del buonismo e del politicamente corretto che osteggia qualsiasi verità”. E prima di valutare la reazione della politica alla violenza è da osservare “anzitutto la reazione del popolo a questa intellighentia che non è più disposto ad accettare: Trump, ad esempio, è la risposta americana a questo rifiuto di una cultura che non permette più le differenze”. Deprimente appare in questo contesto il quadro del- l’Occidente: una società disintegrata, annoiata, senza più voglia di vivere. Preoccupata più dei “diritti civili moderni” che non della vita reale delle famiglie. “Addirittura verso l’Africa, con tutte le sue miserie, si arriva da parte dei governi ad aggiungere l’oppressione ideologica minacciando la sospensione di aiuti e soccorsi se quei paesi non mettono in agenda la realizzazione di impianti legali a favore di coppie omosessuali e aborto”, continua Amicone commentando i recenti fatti di attualità internazionale: “anche le migrazioni a cui stiamo assistendo sono causa di una politica che si è occupata più delle proprie preoccupazioni ideologiche che non dei terribili fatti concreti che si stavano formando in Turchia, dove si sono ammassate milioni di persone alle frontiere prima che gli allarmi e gli interventi cominciassero a reagire alle crepe delle diga”. Venendo al nostro Paese non si può non notare, secondo il direttore di Tempi, l’essere divenuti piccola provincia invasa nella politica estera dai business americani nel loro ma- le: subendo la crisi dei mutui subprime e modificando i modelli comunicativi sulla base dei social network statunitensi. Racconta quindi la sua esperienza personale di eletto al comune di Milano: “Davanti a questi scenari di economia internazionale che tira le fila della cultura e critica il popolo quando non si allinea ai suoi diktat e agende cosa può di fatto l’impegno di un amministratore in una città seppur importante?” e conclude: “possiamo con dispiacere solo annotare quindi che la politica abbia risposto alla violenza internazionale creando ancora più violenza, non occupandosi dei veri problemi, permettendo più povertà e ignorando i problemi di intere nazioni che non sono state aiutate nel loro percorso di sviluppo e di crescita che avrebbe impedito la situazione destabilizzante che oggi si riversa disperata sulle nostre coste.”