Il rapporto tra la dimensione terrestre e quella celeste è sempre stato oggetto di indagine tra i popoli più antichi.
L’umanità ha sempre inteso la morte come un passaggio dalla realtà visibile e contingente all’eternità, o comunque all’aldilà.
L’uomo – Adamo – è stato estratto dalla terra – adamà – e ad essa farà ritorno per potere riposare pienamente.
Alla luce della determinazione escatologica, potremmo affermare che questa accezione sarebbe da ricondurre alla reale possibilità di una rinascita alla vita eterna: una continuità tra terra e cielo, permeata dalla presenza del Soffio Divino.
Potremmo altresì dire, che la singolarità della sepoltura equivale all’unicità del rapporto con Dio e a quella separazione che prevede la vita anacoretica (eremitica).
Il nostro territorio diocesano è caratterizzato da un luogo di culto che venera una figura di bontà nella persona di sant’Ampelio.
La chiesa a lui dedicata, ubicata sulla costa del territorio della città di Bordighera, risente di tutti i connotati precedentemente descritti.
Essa sorge sulla scogliera che, per tradizione locale e leggenda, ha ospitato nel V secolo l’eremita Ampelio, il quale si addormentò (428 d.C.) santamente su uno scomodo giaciglio lapideo, ancora oggi individuabile.
La cavità ipogeica in cui si colloca la chiesa suggerisce la ricerca assai intima di un ritorno a casa, dove regna sovrana la pace al cospetto della Maestà Divina.
La discesa, poi, ci rimanda ad una condizione di «kenosis» (abbassamento), affinché ci si possa disporre umilmente al cospetto di Dio.
Michele Palazzotto