In passato il portato culturale degli artisti è stato sempre permeato dalla viva consapevolezza che è sempre e comunque necessario indagare sulle fonti documentali e scritturistiche, perché possa essere garantita una corretta ermeneutica stilistica. Pertanto, la ricerca appassionata ha prodotto meccanismi di interesse che hanno coinvolto anche la gente più umile, la quale possedeva – pur nella sua estrema semplicità – gli strumenti necessari per cogliere il senso delle forme proposte e promosse nelle architetture di tutti i tempi.
Alla luce di queste considerazioni, è possibile comprendere il valore simbolico che racchiude in sé la basilica collegiata di San Siro a Sanremo, concattedrale della nostra diocesi.
La porta, come primo «luogo» dell’edificio chiesa, è il segno tangibile di un passaggio tra ciò che viene prima (profano), indicato con il prefisso «pro», e la parte più ragguardevole e sacra, «fanum».
Per questo motivo, gli architetti e gli artisti di tutti i tempi hanno tentato di enfatizzare il «luogo» di questo transito, che nelle chiese viene assunto come immagine del Salvatore (Gv 10,1–10).
In virtù di questa specificità, possiamo leggere la bellezza compositiva della strombatura, che consente di oltrepassare idealmente tutti i cieli per giungere a quello più vicino dove risiede la Maestà Divina. Per questo motivo, la porta risente della determinazione poetica del Salmo 24:« Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria».
La porta è immagine stessa del Cristo Redentore attraverso il quale tutti i redenti, – convocati nella dimora regale, entrano per la viva partecipazione alle nozze dell’Agnello e della gloria del Sommo Creatore.
di Michele Palazzotto