Si è concluso da poco l’Anno Ignaziano indetto il 20 maggio 2021 per festeggiare i 500 anni dalla conversione di Ignazio di Loyola. Dal monastero di Montserrat abbiamo percorso col nostro vescovo Antonio lo stesso itinerario di Sant’Ignazio che lasciata la spada indossò il saio del pellegrino, dopo essersi imbevuto nella spiritualità benedettina, per arrivare a Manresa. Qui si fermò un anno, vivendo l’intimità spirituale nella solitudine della Cueva, uno speco, un piccolo riparo nella roccia viva. Ignazio nell’incubatrice della “Cueva” si trasformava, deponendo non solo l’uomo vecchio, ma anche le prime forme posticce e superficiali di uomo nuovo, fino a semplificarsi in puro sguardo contemplativo, capace di vedere Dio in tutte le cose, e tutte le cose in Dio. Nella memoria di Ignazio abbiamo sostato in preghiera proprio a Manresa dove ebbe l’ispirazione per gli “esercizi”: esame di coscienza e preghiera contemplativa. Sant’Ignazio, e la Compagnia che avrebbe fondato, e con la quale avrebbe rinnovato la Chiesa e cambiato il volto dell’Europa portandola dal Medioevo alla modernità, deve alla tradizione monastica la sorgente della sua vita spirituale. Guidati da padre Josep Margenat abbiamo percorso un itinerario spirituale soffermandoci in meditazione nelle otto cappelle del santuario di Manresa decorate dal padre gesuita Ivan Rupnik. Il lavoro di padre Rupnik è stato ideato nel laboratorio del Centro Aletti di Roma, dove sono stati disegnati e costruiti i 93 volti e i pezzi con più dettagli dell’opera, come il viso di Sant’Ignazio. Ogni volto ha richiesto una settimana di lavoro. Il resto degli spazi, paesaggi e pezzi come i vestiti, sono stati realizzati nella stessa chiesa che ha un totale di 550 metri quadrati di mosaici. I temi della decorazione nascono dagli esercizi di S. Ignazio e da immagini bibliche. Nelle cappelle sono rappresentate le quattro settimane su cui si basa il libro degli esercizi: Principi e fondamenti, Chiamata e vita pubblica di Gesù, Passione e morte, Resurrezione e contemplazione, per raggiungere l’amore del Padre.
don Fabrizio Gatta