Siamo partiti con tante pretese, vedere il sole che gira, paralitici che si alzano e tanti miracoli fisici, ma alla fine siamo tornati delusi. Solo quando nel pullman ci siamo confrontati e ognuno di noi ha dato la sua testimonianza ci siamo accorti che il vero «miracolo» di Medjugorie c’era stato. Qualcosa che ti cambia dentro e non esternamente.
Tante le emozioni, tanti i dolori che ognuno ha condiviso, tante le lacrime e gli abbracci, a testimoniare che qualcosa in quel luogo c’è veramente. Una pellegrina non vedente da due anni ci ha raccontato che grazie all’amore e all’accoglienza ricevuti, ha riscoperto la bellezza di essere cristiani. Ancora, attendere due ore per confessarsi senza sentire la stanchezza, scalare la collina delle apparizioni e vedere tanta gente che non si conosceva, aiutarsi a vicenda a salire, perché la strada è molto ripida e pericolosa. È questa la bellezza di quel luogo: ritrovare la strada della fede, come testimoniano alcuni ex tossicodipendenti ospiti della comunità «Cenacolo», voluta da Madre Elvira.
Prima si sentivano morti viventi, messi da parte, e solo il coraggio di una suorina, li ha riportati a vita nuova; le testimonianze dei bambini salvati da una morte certa da suor Cornelia che li accudisce come se fossero figli suoi. Ci sono stati vari incontri durante il pellegrinaggio, come quello a casa della veggente Ivanka, una donna molto semplice e timida con uno sguardo capace di trasmette serenità. Ci ha ricordato l’importanza della famiglia cristiana e soprattutto come sia importante insegnare ai piccoli le preghiere del cristiano perché è da lì che nasce la fede, dalla famiglia.
Il nostro vescovo il giorno successivo ha incontrato monsignor Hoser, arcivescovo–vescovo emerito di Varsavia–Praga.
Francesco Sacco