Tre giorni di esercizi spirituali per il personale della curia: questa la proposta di formazione che ha visto interessati direttori di uffici, personale ecclesiastico e laico nelle mattine dal 18 al 20 gennaio con la preghiera delle lodi, la meditazione offerta dal vescovo, mons. Antonio Suetta, il tempo del silenzio e della preghiera personale, la celebrazione della messa e il pasto condiviso in spirito di fraternità. Le riflessioni vertevano su una migliore comprensione del senso della curia diocesana, che è quello di essere al servizio della chiesa nel tratto più caratteristico di segno e strumento di comunione. Alla luce di questa idea centrale so- no state offerte dal vescovo le tre meditazioni sul tema di fondo dell’accoglienza coniugato in due direzioni: «Tra di noi, che collaboriamo insieme, per rendere più leggero e più fruttuoso il nostro lavoro e verso tutti quelli che alla curia si rivolgono il cui gesto primo deve appunto essere quello dell’accoglienza che poi dispone tutto il resto. San Paolo ci ricorda lo stile giusto del buon servizio: essere “collaboratori della vostra gioia”, che dipinge una idea di curia come luogo dove non solo si risolvono i problemi ma viene anche compresa e condivisa la fatica pastorale». Le tre meditazioni sono sta- te ambientate da icone bibliche: l’epifania della Trinità alle querce di Mamre, la storia drammatica di Caino e Abele e la vita nella casa di Betania. «La prima icona ci racconta l’accoglienza di Dio da parte di Abramo in casa sua, nella sua famiglia. Il patriarca viene visitato nella concretezza della sua vita, nelle sue cose di tutti i giorni. Così per noi le nostre scrivanie, i nostri uffici, le nostre pratiche diventano il terreno dell’incontro con Colui che ci affida la nostra missione pastorale». Il quadro dei figli di Adamo e Eva ha offerto il secondo spunto di meditazione: «Qui la diversità diventa ostacolo e mette Caino contro Abele. Mentre essa dovrebbe essere strumento di unione e collaborazione, portandolo ciascuno di noi a migliorarsi e completarsi. L’altro va visto come una ricchezza che rende più bella la mia esperienza di vita. Caino ripete il peccato originale del Giardino: quello di credersi autosufficiente. Non si confronta con Abele. Si rivolge a lui solo per portarlo in campagna e ucciderlo. L’altro esiste per completare la sua umanità, ma lui lo utilizza per perderla». Nella giornata conclusiva l’immagine è sta- ta il clima caldo della casa di Betania: quella familiarità da lo stile dei collaboratori con il Signore per la causa del Regno.