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Laici

Formazione AC

9 Ottobre 2017

E’ questo questo slogan, lo spunto di riflessione che ha guidato il week end di formazione e che ha visto l’Azione Cattolica diocesana riunire i propri Responsabili e gli Educatori nei giorni di sabato 7 e domenica 8 ottobre a Taggia, presso il Convento dei Domenicani.

In un mondo che insegna a vivere sul palcoscenico, sotto i riflettori, prede di una miriade di notizie che spesso ci investono senza il tempo per un’ approfondita informazione, necessaria per la crescita di un’ opinione critica e competente, l’Ac diocesana sceglie di muovere il suo secondo passo nella programmazione associativa proprio concentrandosi sulla formazione dei propri protagonisti delle realtà locali.

E lo fa nell’anno in cui ricorrono i 150 anni dalla fondazione, anno consegnato al verbo “Custodire” dagli Orientamenti triennali: una custodia che va vissuta sempre in uscita, come una riflessione sull’essenziale che ridia senso e nuova speranza alla missione di sempre. Un custodire che non sia mai geloso ed esclusivo, ma che promuova un protagonismo associativo all’insegna della gioia e del sorriso, che sono i migliori biglietti da visita per un mondo al quale il Vangelo bussa, in attesa che si schiuda in tutta la sua bellezza.

Ecco allora che la Presidenza diocesana, coadiuvata dal Laboratorio della Formazione, ha fortemente voluto e pensato questa occasione, per riscoprire l’identità dell’educatore di Ac e riflettere insieme su alcune tematiche di forte attualità, sulle quali ciascuno deve sentirsi chiamato in prima persona a formarsi.

Perché vogliamo restituire al “custode” un’immagine che sia più del semplice guardiano di qualcosa di prezioso, ma che gli sia dato da altri e che non senta nemmeno suo. I nostri Responsabili ed Educatori devono sentirsi co–costruttori di una storia lunga, ricca di carismi illustri ma soprattutto intessuta e sorretta da una rete di legami belli, che realizzano ragazzi gioiosi, giovani in ricerca, adulti e famiglie plurali. Il custode allora diventa un protagonista dello stare insieme, qualcuno che sappia di avere qualcosa di tanto bello da raccontare da dover essere condiviso assolutamente. E se questo qualcosa non è una storiella o una barzelletta, ma un Volto, l’incontro con Gesù diventa un’esperienza tangibile, che permea in profondità nella memoria come un ricordo fra i più belli e diventa vero e proprio primo seme per la costruzione di contesti di speranza concreta.

Formarsi quindi non è un orpello accessorio, utile ad abbellire il personale percorso di vita di ciascuno di noi, ma un preciso dovere che sostanzia la chiamata di ognuno di noi: se, come dice il Papa, “la realtà è superiore all’idea” (E.G. 231), formarsi significa essere capaci di dare ragioni della speranza.

Un’Ac quindi che non si fermerà due giorni a raccontare sé stessa, scadendo nell’autoreferenzialità, ma che proverà a riscoprire nella propria storia i motivi e la forza per abbracciare la propria Chiesa locale ed il proprio territorio, convinta che il vero tesoro da “custodire” sia il paesaggio che ognuno di noi incontra aprendo le finestre di casa propria. E che un abbraccio sorridente sia decisamente più caldo.

Il tutto, ovviamente, sarà “condito” da quello stile di amicizia e convivialità che da sempre anima gli incontri di Ac, che vogliono essere, oltre che una preziosa occasione di formazione e crescita personale, un importante momento di fraternità e condivisione.

Daniele Stancampiano

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