Lectio del nostro vescovo Antonio, venerdì sera, a Sanremo, a partire dalla vita di Gedeone: «Va’ con questa tua forza e salva Israele» (Gdc 6, 14). In modo significativamente legato alla Parola, Vincenzo Zito, seminarista della nostra diocesi, ha ricevuto durante la lectio il ministero del lettorato. Inevitabile parlare di vocazione.
Monsignor Suetta ha fornito numerosi spunti di riflessione con le sue risposte a numerosi interrogativi. Che rapporto troviamo fra la storia di Gedeone e la domanda di senso di una chiamata accolta, oggi, in una realtà secolarizzata e ostile? «Il rapporto credo di individuarlo nella capacità che viene dalla fede – e dal farsi coinvolgere nel progetto di Dio – di saper leggere la vita personale ed anche i fatti della storia. Un dato che accomuna tutti i giudici, è quello di preservare il popolo dall’idolatria, secondo uno schema peccato–idolatria che si ripete pur nelle diverse situazioni narrate». Perché nel contesto attuale i giovani hanno apparentemente così difficoltà a rispondere alla chiamata? «Gedeone lo mette bene in evidenza. L’uomo in genere, e non solo il giovane, difetta di coraggio. Preparando la lectio abbiamo ascoltato la canzone «Guerriero» di Marco Mengoni che, però, descrive un combattente che nella realtà non esiste. Infatti è la forza di Dio che, pur prendendoci così come siamo, se davvero abbiamo un cuore docile alla sua Parola, ci rende capaci di compiere ciò che noi, da soli, non potremmo mai fare». È così per Gedeone? «Lui si chiede il senso di una chiamata che indica una promessa quasi assurda di fronte alla situazione che vive il suo popolo.
Fatica molto, infatti, come noi, a distruggere e abbandonare le sue idolatrie piccole o grandi. La pedagogia di Dio ci aiuta, come fa un padre che, prendendoci per mano, ci accompagna a vincere le nostre debolezze. È importante perciò saper leggere i segni che il Signore mette sul nostro cammino». Cade in questi giorni l’anniversario della caduta del muro di Berlino: quanto le ideologie condizionano lo stile di vita e la risposta alla chiamata della fede? «Molto, ma non tanto nel senso del convincimento. L’ideologia non convince. Ci rende incapaci di vedere cosa abbiamo davanti agli occhi. È una visione così limitata che fa perdere la complessità del reale e le sue infinite sfaccettature.
Ne deriva una lettura distorta: la reazione non potrà che essere sbagliata. I «sì» che diciamo agli idoli sono «no» che diciamo a Dio, distruggendo così la nostra vita». L’uomo del nostro tempo può essere così anestetizzato da non sapersi più porre la domanda sul senso e la realizzazione piena della propria vita? «Certo. L’idolatria è riconducibile a Satana ed è perciò il massimo del male. Noi sappiamo che l’obiettivo che lui persegue è quello di distruggere. È il non senso». La storia di Gedeone è anche la nostra: siamo chiamati a rifiutare l’illusione idolatrica della menzogna per fidarci della solidità divina della sua promessa.
Non ci salviamo per le nostre forze: è Dio che ci salva.
Antonio Garibaldi