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Il Martire sconfessa l’Anticristo

26 Agosto 2022

Omelia del Vescovo Antonio per la solennità diocesana di San Secondo 2022

OMELIA SOLENNITÀ PATRONALE SAN SECONDO

Ventimiglia, 26 agosto 2022

Eccellenza, Confratelli Presbiteri e Diaconi, distinte Autorità civili, politiche e militari, carissimi fedeli, è davvero una grande gioia ritrovarci insieme per la ricorrenza annuale del Santo Patrono cittadino e diocesano, il glorioso martire San Secondo.

La celebrazione eucaristica, cui siamo convocati nella fede, ci nutre alla mensa della Parola di Dio e dell’Eucaristia, compiendo in noi e per noi una singolare autentica comunione spirituale con il fedele e impavido testimone del Signore oggi festeggiato come nostro insigne protettore e con tutti i Santi, che sono nella gloria di Dio. Il mistero della comune partecipazione ai beni della salvezza e ai meriti di tanti fratelli e sorelle, che ci hanno preceduti sulla via del Vangelo, fonda la nostra comunione umana e cristiana nella Chiesa andando ben oltre una condivisione di intenti e di sentimenti per fare di noi un solo corpo e un solo spirito.

San Secondo oggi ripete a ciascuno di noi che la cosa più urgente, più all’altezza dei nostri tempi rimane il semplice camminare nella fede degli Apostoli. 

Collocandolo nella sua essenziale e portentosa storia di fede, vediamo San Secondo, soldato romano arruolato nella famosa legione Tebea, e di lui sappiamo che, nel contesto della missione militare incaricata di sedare la ribellione dei Bagaudi, lungo la marcia di avvicinamento alla zona del vallese, scoperto che era cristiano, gli fu ingiunto di sacrificare per l’imperatore rinnegando la propria fede. San Secondo si rifiutò e per questa ragione fu ucciso a Vittimulo, tappa che gli avevano assegnato come termine per l’abiura. Il suo culto si diffuse molto velocemente e intensamente e la Provvidenza ha voluto che raggiungesse anche Ventimiglia quando nel 990 la reliquia del suo capo fu donata al vescovo intemelio Panteio.

A San Secondo Ventimiglia si raccomandò nel 1579 a causa di una grave pestilenza e, liberata dal pericolo, lo elesse patrono dell’intera Diocesi nel 1602 fissando la ricorrenza festiva per il 26 agosto.

Il testo della prima lettura ha ben illuminato la figura del nostro Santo con la preghiera di Mardocheo, un perseguitato per la fede nel vero Dio di Israele: “non mi prostrerò mai davanti a nessuno se non davanti a te, che sei il mio Signore, e non farò così per superbia” (Est 4, 17e). Mardocheo ha sperimentato la potenza e la fedeltà del Signore, che libera e salva i suoi amici.

Trovo utile collocare i brevi riferimenti storici appena richiamati in una cornice di perenne attualità, che lambisce anche il nostro tempo e il nostro mondo. Lo faccio citando un formidabile passaggio del celebre romanzo l’Anticristo, scritto nel 1900 da Solov’ëv: “L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: “Strani uomini… ditemi voi stessi, o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi: che cosa avete di più caro nel cristianesimo?”. Allora si alzò in piedi lo stàrets Giovanni e rispose con dolcezza: “Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità”.

L’autore ha preveduto con acuta lungimiranza la crisi del cristianesimo, oggi da noi avvertita con dolorosa lacerazione; egli la sintetizza nell’immagine dell’anticristo, personaggio accattivante che riesce a suggestionare un po’ tutti con una falsa immagine di religione, molto prossima alla mentalità contemporanea. L’anticristo del romanzo è uno spiritualista, un filantropo, un pacifista, un vegetariano e animalista; è presentato anche come un fine esegeta, ecumenico, tutto teso al dialogo e alla conciliazione delle molteplici correnti filosofiche. Non è dichiaratamente contro Cristo, ma gli tributa un semplice riconoscimento di buon Maestro negandone con forza l’unicità salvifica. 

La visione corrisponde alla tendenza oggi di moda di concepire una religione aperta e dialogante con la cultura predominante alla ricerca di valori umanitari condivisi e terreni escludendo ogni riferimento alla divinità, alla salvezza e alla dimensione ultraterrena. Oggi la Chiesa viene spesso ridotta al rango di una organizzazione sociale ed umanitaria, incalzata a stare “al passo con i tempi” e snaturata rispetto al suo mistero e alla sua missione salvifica. Dilaga un pernicioso irenismo convinto di dover impedire alla fede cattolica di annunciare verità o argomenti ritenuti “divisivi” per limitarla invece ad una dottrina diluita ed edulcorata in base alle tendenze del momento e alla progressiva corruzione dell’umanità. Non stupisce che il mondo si muova in una direzione del genere, ma addolora come purtroppo molti cristiani, ritenuti impegnati e acculturati, si smarriscano in una così degenerante deriva.

L’analisi di Solov’ëv colpisce per come – dolorosamente – si sia verificata; ma non possiamo non notare come la situazione sia costantemente in agguato per il credente di ogni tempo.

Tornando a San Secondo, è inevitabile chiedersi perché nello sconfinato contesto geografico e culturale dell’impero romano dove potevano liberamente e acriticamente circolare le più disparate filosofie, superstizioni e dottrine varie, soltanto il cristianesimo, peraltro allora socialmente irrilevante e quasi invisibile, sia stato così duramente attaccato e perseguitato.

La risposta è stata limpidamente intuita e dichiarata dal citato romanzo e consiste nell’unicità divina di Cristo, unico e vero redentore dell’uomo.

San Secondo ha intensamente conosciuto la verità di Cristo tanto da rendersi disponibile al sacrificio della vita; è la parabola evangelica del contadino che, avendo trovato un tesoro nel campo dove stava zappando, vende tutti i suoi averi per entrare in possesso di quel campo come quella del mercante di perle preziose, che, trovatane una di inestimabile valore, non esita a spogliarsi di tutto per acquistarla (cfr. Mt. 13, 44-45).

Invochiamolo con fede affinché aiuti noi e la Chiesa intera in questo tempo di grandi sfide e di grande smarrimento ad essere “lievito” per far crescere il regno di Dio nei cuori e nel mondo e “sale” per preservare l’umanità dalla corruzione che la minaccia.

San Secondo interceda presso il Padre affinché ci conceda la sapienza e il coraggio per riconoscere il disegno di Dio e testimoniarlo nelle scelte concrete della vita e nelle opere della carità fraterna, della giustizia e della vera pace.

Come profondamente afferma San Giovanni Crisostomo (Om. 4, 3.4), “la croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto servendosi non di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti.

Dai mezzi usati da Dio si vede come la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana. In che senso più forte? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l’universo e ha attirato a sé tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l’hanno potuto vincere. Perciò quando un pagano dice a un cristiano che è fuori della vita, dice una stoltezza. Quando mi dice che sono stolto per la mia fede, mi rende persuaso che sono mille volte più saggio di lui che si ritiene sapiente. E quando mi pensa debole non si accorge che il debole è lui. I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo, che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio. Pensando a questo fatto, Paolo esclamava: «Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1, 25)…è evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio”

Cari cristiani, ritroviamo nell’esperienza della preghiera costante e fiduciosa, nell’ascolto profondo della Parola di Dio, nello studio diligente della dottrina, nella vita buona del Vangelo e della Chiesa un vero antidoto, che ci preservi dagli sbandamenti del mondo e dalla facile tentazione di essere a tutti i costi alla moda e applauditi. Sarebbe una pavida rinuncia alla gioia e alla luce della fede, sarebbe la più grave delle sconfitte e la rinuncia al tesoro delle promesse di Dio.

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