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Il Vescovo: lasciarsi purificare dal Mistero del Natale

24 Dicembre 2017

Alla stregua di San Paolo che descrive il mistero dell’incarnazione come uno “spogliarsi” di Cristo (Fil 2, 7), il mio augurio per Natale è che riusciamo a spogliare questa importante e preziosa festa da tanti, troppi elementi di contorno eccessivamente ingombranti. Senza pensare agli aspetti commerciali o pagani del tutto estranei al Natale di Gesù, anche la visione del cristiano deve essere purificata.

Le antiche icone orientali rappresentano la natività con uno stile essenziale e la illuminano con il mistero pasquale: il bimbo è avvolto come una mummia e la mangiatoia evoca il sepolcro. Il Natale, spogliato dagli elementi patetici, manifesta la sua autentica fisionomia di “tragedia”, di dramma, che consiste nell’abbassamento di Dio fino alla morte per redimere l’uomo.

Le circostanze della nascita di Gesù narrateci dai vangeli hanno anch’esse il sapore della “tragedia”, che si esprime nel rifiuto che circonda il nato bambino. Anche la tradizione dei nostri presepi, più ricca e movimentata delle antiche icone, non trascura di inserire nel contesto luminoso e povero della capanna di Betlemme un elemento (presente anche nelle icone) che evoca il dramma della non accoglienza. Ciò è affidato alla simpatica presenza dell’asino e del bue accanto alla mangiatoia: Isaia (cfr. 1, 3) rimprovera il popolo d’Israele per l’infedeltà a Dio dicendo che “persino il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma i figli d’Israele non riconoscono e non comprendono il loro Signore”. E così la tradizionale presenza di questi due animali richiama chi sosta ad osservare l’affermazione del prologo di Giovanni: “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (cfr. 1, 11).

Non è possibile dunque celebrare il Natale del Signore senza lasciarsi coinvolgere dall’esperienza della sua povertà, che non consiste soltanto nella mancanza di “panni e fuoco” ma che rende visibile l’umiliazione di Dio rivestito della fragilità della condizione umana.

Auguro a me stesso e a tutti i fedeli di cogliere in tale autentica prospettiva il Natale come “festa del dono”, quello vero, il Figlio di Dio consegnato per noi; e ancora auguro che tale gioiosa esperienza di contemplazione trasformi la nostra esistenza, rendendola disponibile al dono di Dio attraverso la grande luce della fede e la carità dei gesti quotidiani della vita.

+ Antonio Suetta

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