Sabato sera a Ventimiglia si è rinnovato per il quarto anno consecutivo il sentito appuntamento di preghiera interreligiosa per la pace ed il ricordo dei migranti morti nel viaggio verso l’Europa. A guidarci il nostro vescovo Antonio: «Oggi siamo ospiti della Caritas Intemelia dove ogni giorno persone affamate e stanche trovano un sorriso e di che ristorarsi. Vogliamo, insieme ai nostri fratelli cristiani e musulmani, unirci in preghiera perché Dio ascolti il nostro grido di dolore per tante ingiustizie e sofferenze dei suoi figli, perché infonda nell’uomo sentimenti di pace e fraternità, incuta il santo timore a chi offende ed oltraggia una sua creatura, riversi nuovamente in ciascuno il seme del suo amore perché sappiamo accoglierci reciprocamente. Con l’aiuto di Papa Francesco e dei nostri fratelli cristiani e musulmani vogliamo continuare il nostro cammino verso tempi e luoghi di accoglienza, dove le diversità non sono ostacolo ma arricchimento, dove le differenze uniscono, dove le religioni abbattono i muri dell’indifferenza e dell’ignoranza». Suetta ha quindi ringraziato tutti «i convenuti, con spirito di carità, per affermare con forza che possiamo essere credibili nel condannare le disuguaglianze e le sopraffazioni solo se sappiamo farci carico delle cause che le alimentano, solo se siamo capaci di lavorare per costruire una cultura di accoglienza nel quotidiano, di dare voce al dialogo perché trovi spazio in tutte le situazioni di conflitto, di favorire processi di giustizia sociale per ridare dignità e diritti a quanti sono ai margini».
La preghiera è proseguita con la lettura di alcuni brani del messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018. Hanno preso quindi la parola i rappresentanti della comunità islamica di Ventimiglia, di Nizza e della Comunità Religiosa Islamica Italiana (CO.RE.IS.): «La posizione dell’Islam verso le altre religione monoteiste è sempre stata di rispetto e dialogo, nonostante le differenze, perché sono religioni create da un solo Dio, uguale per tutte le fedi. Dopo la carta di medina stilata dal profeta verso il 622, fu un accordo formale di pace e concordia tra musulmani, ebrei ed altre tribù e dopo il documento di pace siglato a Gerusalemme verso il 637 fra il patriarca Sofronio ed il califfo Omar, confermano la volontá e il desiderio dei musulmani alla riconciliazione e all’armonia. La maggioranza dei musulmani rappresenta questo cammino tracciato dal nostro profeta Mohamed, un sentiero pieno di speranza e ottimismo, un messaggio d’amore e fratellanza verso tutti i popoli: «non ti mandammo se non come misericordia per tutto il creato», Surat i Profeti N. 107».
Ha concluso la preghiera il Reverendo Paul Payton, della Chiesa Anglicana, con la lettura di un brano del Vangelo di Matteo (2, 13–15) ed una preghiera per i migranti: «Dio onnipotente e misericordioso, il cui Figlio divenne un profugo e non aveva nessun posto da chiamare suo: guarda con misericordia quelli che scappono dal pericolo, senza casa e affamati. Benedici quelli che lavorano per portar loro sollievo, ispira la generosità e la compassione in tutti nostri cuori e guida tutte le nazioni del mondo verso quel giorno, quando tutti gioiranno nel tuo regno di giustizia e di pace. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen».
In silenzio ed alla luce dei flambeaux ci si è incamminati verso la Cattedrale, dove la corale diocesana ha riscaldato i cuori animando l’inizio della novena di Natale presieduta, oltre che dal nostro vescovo, anche da monsignor Barsi, arcivescovo di Monaco, e da monsignor Marceau, vescovo di Nizza. Al termine abbiamo ascoltato la breve ma significativa testimonianza di Yohannes, il papà eritreo che insieme ai suoi due figli ha raggiunto l’Italia grazie ai corridoi umanitari organizzati dalla Conferenza Episcopale Italiana in accordo con il Ministero degli Interni. Dopo tanti anni vissuti in un campo profughi in Eritrea, da due settimane la famiglia è ospite della nostra comunità che si sta attivando per il loro inserimento, consapevole, come afferma papa Francesco, che «i migranti sono un dono».