Pubblichiamo di seguito il testo integrale del messaggio che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi, ha inviato alla Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita” e che è stato letto durante l’evento dal palco di Piazza della Repubblica, dove la Manifestazione ha avuto inizio prima di dirigersi, con un corteo di migliaia di persone, a Piazza San Giovanni in Laterano.
Carissimi,
Desidero unirmi al vostro forte e gioioso “Sì alla vita”. Diciamo di sì alla vita, sempre, da quella nascente, custodita in un grembo materno a quella che si sta aprendo all’eternità in letto di ospedale. Vi ringrazio di vero cuore perché la vita è sempre benedetta ed è sempre benedizione. “Scegliamo la Vita”! Il suadente individualismo finisce per istillare paura della vita stessa tanto che pensiamo di averne tante per vivere bene mentre quella che serve è l’amore perché solo questo ci spinge a donarla. E la vita è se stessa quando è dono, ricevuto e offerto. La vita non è consumo, prestazione, potenza, forza. L’uomo non è un’isola! Una vita ridotta così mette paura, toglie dignità alla debolezza, si esalta e si abbatte quando si scopre fragile. La vita è bella sempre quando è amata. E’ incontro, relazione, comunicazione. E’ famiglia. Per questo diciamo no alla cultura della morte, che inizia con l’indifferenza, con il credere che i desideri siano diritti. Diciamo sì alla cultura della vita, a partire da quella dei piccoli e degli ultimi, degli scartati e dei non accolti.
Questa è la sfida che ci attende. È la stessa sfida di chi lavora quotidianamente silenziosamente e tutti i giorni sottotraccia, nella difesa della vita, quella che ogni giorno migliaia di volontari, associazioni, centri di aiuto alla vita, affrontano aprendo le porte e il cuore con affetto infinito a donne che hanno paura, che sono sole, che non riescono a intravvedere un futuro. Sono quelli che visitano per strada chi non ha nessuno che sappia comprendere le fragilità, che preparano un posto a chi non lo ha, chi apre le sbarre di quella prigione terribile che è la solitudine, di chi accompagna con amore ogni persona. Dico a tutti i presenti, a ognuno di loro, la mia gratitudine e la mia stima per la loro presenza. Siete parte di un popolo grande che in forme diverse, tutte appassionate e tutte benedette, cerca di custodire con ogni forza la vita degli uomini. Non si contrappongono i valori etici e valori sociali: sono la stessa cultura della vita che sgorga dal Vangelo! La cultura della vita sa che la vita nasce e cresce nella famiglia e che tutto non dipende dal proprio volere soggettivo, sino ad arrivare alla cosiddetta maternità surrogata, che utilizza la donna, spesso povera, per realizzare il desiderio altrui di genitorialità. Il problema della vita sfida una società che invecchia e ha paura. La CEI è attenta da decenni alla crisi demografica, che sta arrivando a un punto gravissimo: “La nascita dei figli, infatti, è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo” – ha detto papa Francesco. Natalità e accoglienza sono nello stesso orizzonte di apertura al futuro.
“Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno.” Ripropongo alcune domande del messaggio per la giornata della vita. “Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? Donne che, in moltissimi casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire? Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita? Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?” Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza? Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce? Il Signore della vita ci aiuta a dare vita, a generare e servire sempre la vita, a riconoscere e difendere “la voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza”.
Ecco, vi ringrazio perché mettendoci faccia e tempo, di età diverse, anche affrontando la fatica di venire da lontano aiutate a rispondere a questi interrogativi facendo scoprire la bellezza della vita, quella vera, che affronta le sfide, anche quando sono difficili, con la forza straordinaria dell’amore per tutti. Nessuno escluso. Grazie e continuate ogni giorno nell’impegno appassionante e generativo, l’unico che apre al futuro e lo prepara oggi: dire sì alla vita.