Venerdì scorso alle 21, a Sanremo, nell’oratorio dell’Immacolata di San Siro, il vescovo Antonio ha tenuto la consueta meditazione sulla Parola di Dio, dal titolo «Abramo, chiamato alla paternità e alla fede».
La Genesi inizia a parlare di Abramo nel capitolo 12, ma in realtà la sua storia inizia alla fine del capitolo 11, dove ci viene presentata la sua famiglia di origine, pagana, in particolare suo padre Terach.
Essi vivevano, come viviamo noi oggi, la realtà fragile della condizione umana, inserita dentro quel mistero che è il progetto di Dio che crea l’uomo e lo pone in un giardino perchè sia suo amico, suo alleato.
Ma l’uomo disobbedisce, si chiude ed è indifferente ai doni del Signore.
L’uomo vuole essere padrone e subisce le conseguenze della sua disobbedienza nelle esperienze di morte: fallimenti, miserie, peccato.
La storia delle origini di Abramo richiama proprio questo.
Tutta la storia della sua vita e della sua famiglia è una storia di morte. Gli muore un fratello. Sua moglie Sara è sterile. Curioso che il testo originale della Scrittura dica che Sara «diventa» sterile, come se ciò fosse frutto di un disegno ben preciso.
Terach decide di partire da Ur dei Caldei verso le terre di Canaan, una fuga da quella situazione di morte, ma arriva solo fino ad Aran, nome uguale a quello del figlio morto. Qui finisce la sua storia, come a dirci che chi si ferma nell’avventura della propria vita è perduto.
Ed è in questo momento che Dio si rivela ad Abramo.
Gli dice «Vattene dal tuo paese». Abramo chiede a Dio «Che cosa mi dai?» e Lui risponde «Guarda le stelle e vedi se riesci a contarle, così sarà la tua discendenza».
Abramo deve però tagliare tutti i suoi legami con quella storia antica che sapeva di morte. Abramo si incammina così verso la vita.
Un altro passaggio importante della vita di Abramo è rappresentato dal sacrificio di Isacco, figlio suo e di Sara, il figlio della Promessa. Dio gli chiede lui in sacrificio. Abramo obbedisce perché crede che Dio sia capace di risuscitare dai morti e che gli riconsegnerà quindi il figlio.
Abramo sarà padre di molti popoli, diversi. Ecco il grande disegno di Dio che si concretizza dentro l’obbedienza umile di un uomo che non riesce neppure a conoscere o ad intuire Dio, ma che diventa responsabile della storia.
Quando Dio rivela ad Abramo che sta per distruggere Sòdoma, Abramo ha una profonda intuizione di fede: la presenza di un solo giusto nel mondo è causa di salvezza per tutti.
San Paolo, nella lettera ai Gàlati, dice che le promesse sono state fatte ad Abramo e alla «sua» discendenza, non ai «suoi» discendenti, a uno solo, cioè Cristo.
Per Abramo fidarsi di Dio ha significato credere in Cristo.
Per noi, che lo conosciamo, camminare con Cristo significa esprimere con la nostra vita la stessa disponibilità e la stessa fiducia di Abramo. Gesù dice:« Egli visse nella speranza di vedere il mio giorno, lo vide e se ne rallegrò».
Fare autentica esperienza di fede vuol dire vivere nella Grazia, nella luce e nella forza della Risurrezione.
Luca Mauro