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Sacerdoti

La due giorni del Clero

1 Febbraio 2020

Il presbiterio diocesano, mercoledì e giovedì scorsi, si è radunato insieme al vescovo Suetta a Villa Sorriso, a Bordighera, per vivere un ritiro incentrato sui temi della catechesi.

Due le relazioni: la prima, dedicata all’annuncio, proposta da monsignor Antonio Arnaldi, vicario generale della diocesi, la seconda, da suor Laura Anastasia, direttrice dell’ufficio catechistico: una riflessione sul progetto catechistico diocesano. Ha introdotto i lavori il vescovo. «La catechesi – ha detto Suetta – è una sfida perenne per la Chiesa, che richiede il dovere di comprendere e giudicare il tempo di crisi in cui viviamo, di ascoltare e rispondere alle domande dell’uomo che incontriamo sul nostro cammino. Non adattando il messaggio cristiano, ma piuttosto per recuperarne il carattere kerigmatico. La fede, infatti, viene suscitata a partire dall’annuncio che Cristo è il Salvatore. Riscoprire ad esempio il valore della direzione spirituale e del sacramento della Riconciliazione come luogo in cui l’uomo incontra la misericordia di Dio. Nella scoperta di una prossimità che richiede, a noi sacerdoti, di far emergere il desiderio di bene che tutti hanno nel cuore. Accompagnare attraverso la freschezza e la franchezza dell’annuncio evangelico che sempre parla a chi sinceramente cerca Dio». Non possiamo tradire il nostro dovere di proclamare che, a Dio che si rivela, è dovuta una risposta che diventi scelta che in–forma la vita. «Annunciare la salvezza – continua il vescovo – per accompagnare le persone verso la scelta di seguire Gesù. Un chiaro cammino vocazionale che costringe a prendere posizione di fronte al Signore che chiama».

Il vicario generale ha ricordato che «essere catechisti è un bisogno radicato nella convinzione che viviamo un periodo di «crisi», ma non siamo alla deriva: la virtù della speranza sostiene ogni nostro sforzo per annunciare Cristo». Nella mattinata del giovedì, la relazione di suor Laura rha ripercorso gli itinerari legati alla iniziazione cristiana. Due aspetti da sottolineare, consapevoli che ogni metodo ha un suo valore, ma che tutto parte da un presupposto:« Passione, impegno e docilità. La catechesi deve raggiungere l’uomo nella realtà in cui si trova».

Il sacerdote deve avere un cuore di pastore che si prende cura di coloro che gli svengono affidati, rendendosi disponibile a cercare l’uomo sulle strade che, spesso, non percorriamo, incapaci di comprendere il nostro tempo. Ripiegati con nostalgia sul bel tempo andato, oppure così fiduciosi nello Spirito Santo, da pensare che farà tutto Lui. I sacerdoti sanno quante energie vengono impiegate ogni anno – e da anni – per educare alla fede anche attraverso le proposte più diverse: quali i risultati? Non si tratta di fare un discorso statistico o di voler contabilizzare la fede, quanto di ritrovare il coraggio di offrire ai nostri fedeli, di qualunque età, vere esperienze di fede. Un annuncio gioioso, un’esperienza viva che, attraverso un progetto articolato, proponga la bellezza integrale della vita cristiana. Il confronto tra sacerdoti e diaconi sulle relazioni ha toccato i diversi temi legati alla trasmissione della fede, attraverso un confronto serio e costruttivo con le famiglie, per aiutarle a meglio accompagnare i figli ai sacramenti. Chiamati tutti a passare da una fede sociologica ad una adesione matura e responsabile all’annuncio di salvezza. «Un argomento ampio – la conclusione del vescovo – che richiede tempo per essere attuato, anche attraverso le proposte fatte in questo incontro.

Il progetto catechistico diocesano verrà rielaborato coinvolgendo i consigli pastorali vicariali e i catechisti, in un lavoro che aiuti a migliorare il progetto futuro». Verrà data particolare attenzione al progetto catecumenale, attraverso la differenziazione del percorso catechetico. «Nella preparazione alla Confermazione occorre sviluppare una pastorale vocazionale che susciti nel candidato una maturazione che diventi scelta di vita cristiana, chiedendo aiuto alle famiglie che condividono il bisogno di educare i figli a diventare adulti, umanamente e quindi anche nella fede».

Antonio Garibaldi

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