Si è svolta venerdì 2 febbraio presso l’oratorio dell’Immacolata a Sanremo la lectio divina mensile predicata dal vescovo Antonio Suetta ed animata dalla comunità del seminario.
L’incontro, che è diventato un appuntamento fisso ed apprezzato per moltissimi fedeli, ha avuto come tema di riflessione la vocazione alla gioia, caratteristica fondamentale per una sana vita cristiana.
La meditazione offerta dal vescovo è stata ispirata dai brani biblici dell’Esodo che raccontano la vocazione di Mosè e la sua determinazione a sfidare le difficoltà che il faraone egiziano escogita per rendere impossibile la vita del popolo di Israele che non vuole vedere liberato dalla sua schiavitù.
«La festa non è un dettaglio nel grande discorso della vocazione» ha esordito il vescovo. “Per motivi culturali siamo soliti relegare questo aspetto della vita alla sfera del superfluo. Invece per l’esodo è fondamentale, in quanto è la ragione dell’agire di Dio, che intende liberare il popolo perché gli faccia una festa nel deserto.
Il desiderio di felicità è iscritto nel più profondo dell’uomo come un grido che non può essere messo a tacere.
Nella storia dell’alleanza da tra Dio e l’uomo che l’esodo ci racconta sembra esserci poco spazio però per la festa.
La schiavitù, la persecuzione, i lavori forzati sono tutte cose terribili. Sopra tutte queste ce n’è una ancora peggiore, che è la perdita di identità come popolo. Ed è questa che il Signore vuole anzitutto risvegliare. Dal roveto ardente comunica a Mosè di aver visto e conosciuto, che nel linguaggio biblico vuol dire “sperimentare”, il dolore del suo popolo e di essere venuto a liberarlo.
Dio manda Mosè dal faraone perché il popolo possa tornare ad essere in festa. E questo intervento divino terminerà appunto con la festa del popolo che sarà liberato dalla sua triste schiavitù.
Vediamo qui la stessa azione evangelica del buon samaritano che scende verso il malcapitato per sanarlo, e lo segue finché questi non torni alla sua vita serena di prima.
Il nostro è il Dio che agisce per portarci alla festa, per arrivare alla gioia della festa. Lui stesso dopo la creazione consacra il settimo giorno e si riposa circondato nella gioia delle sue creature.
Per Dio la festa non è evasione per distrarsi dalla vita ma un ingresso nel suo mistero più profondo. Per leggere in maniera vera tutto quello che si vive: così fa appunto Dio che chiama l’uomo a contemplare con Lui le meraviglie compiute, che erano appunto cosa buona».
Suetta ha quindi concluso: «E la Chiesa è veramente presente quando celebra l’Eucarestia, il memoriale, che rende di nuovo attuale il momento solenne della donazione di amore del figlio al Padre: è la festa della liberazione dal peccato per essere aperti alla vita nella Trinità; è l’ottavo giorno, come ci ricordano i battisteri ottagonali del medioevo, che celebra la festa dell’agire del Signore per la nostra salvezza.
Dio si muove ancora per toglierci dalla schiavitù del male che schiaccia l’anima dell’uomo e condurci nello splendore del Regno per la festa che non avrà mai fine».
Dopo l’omelia, c’è stata l’adorazione eucaristica con i canti e le intenzioni preparate dai seminaristi. Al termine il vescovo ha consegnato ai partecipanti il segno tratto dagli scritti di San Francesco di Sales, per invitare a proseguire la meditazione.