Ancora non si placa il violento attacco perpetrato nei confronti della famiglia ad opera di movimenti femministi: sull’onda della giornata del 25 novembre scorso, degli omicidi, anche recenti, perpetrati ai danni di donne da parte di fidanzati e mariti violenti, si cerca a tutti i costi di far passare l’idea che quanto sta avvenendo sia il risultato di una cultura patriarcale. È stata letteralmente “scolpita” nei media, sui social e negli striscioni delle manifestazioni la frase pronunciata dalla sorella di Giulia Cecchettin, riguardo a Filippo Turetta: «Filippo non è un mostro. Molte persone lo hanno additato come un mostro, come un malato. Lui non è un mostro, perché un mostro è un’eccezione che esce dai canoni normali della società. Lui è un figlio sano della società patriarcale che è pregna della cultura dello stupro». In occasione di un’intervista a Diritto e Rovescio, Elena Cecchettin ha continuato affermando che questa “cultura” rappresenta «un insieme di azioni volte a limitare la libertà della donna […] Non tutti gli uomini sono cattivi, mi viene detto. In questi casi sono sempre uomini e gli uomini traggono beneficio da questa società. […] Il femminicidio non è un delitto passionale. È un delitto di potere […]». E ha concluso: «per Giulia non fate un minuto di silenzio ma bruciate tutto, ossia rivoltate il sistema, fate in modo che Giulia sia l’ultima vittima».