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L’omelia di Mons. Galantino

21 Agosto 2017

Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciato nella solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino, nella concattedrale di San Siro in Sanremo a conclusione della Prima Festa di Avvenire nella nostra diocesi.

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XX Domenica T. O. – Anno A*

Is 56,1.6-7; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28

L’intero messaggio biblico di oggi è attraversato da un «sogno» di Dio e da un insieme di iniziative poste in atto da Dio stesso per rendere questo sogno una realtà.
Il sogno (1ª lettura): un tempio aperto, che non diventi luogo di discriminazione e neppure di confusione, ma piuttosto “luogo di preghiera per tutti i popoli”. Per far diventare questo sogno una realtà, ecco le iniziative di Dio: prende per mano gli esclusi, coloro ai quali è stata sbattuta in faccia la porta, accompagnarli nella sua “casa di preghiera” (cf. parte conclusiva della 2ª lettura).

Ma, le letture proposte oggi al nostro ascolto e alla nostra meditazione intendono assicurarci che il Signore continua a credere e a investire su questo sogno e che alla sua realizzazione chiama tutti, soprattutto gli ultimi, rappresentati dalla donna del Vangelo.
A proposito del Vangelo, la pagina odierna propone un drammatico ed intenso dialogo tra Gesù e la donna cananea, con la mediazione implorante dei discepoli: «Esaudiscila perché ci viene dietro gridando». I momenti più intensi di questo dialogo sono rappresentati dal grido della donna: «Signore, aiutami!» e dall’ affermazione di Gesù: «Donna, grande è la tua fede!».

Questa che a noi sembra una pagina intenta a riportare uno dei tanti interventi di Gesù a favore di una persona bisognosa, è di fatto una pagina che sconvolge il modo comune di pensare e di vivere la fede. La fede di Israele (1ª Lett.) infatti si nutre di preghiera rituale, di osservanza del sabato, di offerte e di sacrifici. Un po’ come capita a tanti di noi ancora oggi; soprattutto quando pensiamo che una cerimonia a vaga trama religiosa possa bastare per farci sentire a posto.

La liturgia della Parola di oggi si sottrae e ci sottrae a tutto questo! Qui c’è solo una invocazione che nasce dal profondo di una vita segnata dalla sofferenza e dal senso di impotenza di una mamma: «Signore aiutami!».
È questa la grande rivoluzione portata da Gesù. È questa la fede che gli fa dire: «Donna, grande è la tua fede!».
Fede grande è quella di chi porta ai piedi del Signore la propria storia, domandando a Lui di raddrizzarla, di darle un senso. La donna prega perché la sua storia di mamma possa avere ancora un senso, continuando ad avere accanto una figlia a cui dedicarsi.
Matteo chiude il brano con l’annotazione: «Da quell’istante sua figlia fu guarita!». Ecco la grande speranza che si apre dinanzi a noi oggi: se andiamo davanti al Signore, ricchi solo della nostra vita (speranza, progettualità, lacrime, sconfitte che talvolta assomigliano tanto a mazzate mortali) – quando ci presentiamo davanti a Lui così, semmai con la stessa fiducia insistente della donna cananea – allora il Signore non potrà non guardare con occhio e cuore paterni la nostra preghiera, quella radicata nelle pieghe più riposte della nostra vita.

Quello che vale per la vita individuale, ben rappresentato nell’intenso dialogo tra Gesù e la donna, vale anche per la nostra vita di comunità, religiosa o civile.
La pena – per la difficile situazione in cui versa la figlia – che la donna del Vangelo porta davanti al Signore è la stessa pena con la quale ci presentiamo davanti oggi davanti a Lui dopo aver assistito allo scempio di vita fatto sulla Rambla di Barcellona; dopo aver dovuto prendere atto della vita di giovani stroncata dalla stupida violenza di alcuni loro coetanei, circondata dalla altrattanto assurda indifferenza dei presenti; dopo aver dovuto leggere degli insulti rivolti a una giovane mamma senegalese da parte di una coppia di italiani.

Come la donna cananea, che porta la sofferenza della figlia e per la figlia davanti a Gesù, anche noi portiamo davanti a Lui tutto questo. Ma non per lavarcene le mani, bensì per sentirci riconsegnare da lui l’impegno a non lasciar proliferare gesti e parole di violenza e per non tirarci indietro quando si tratta di accogliere e difendere la vita. Di farlo sempre e soprattutto quando tutto ciò non paga, anzi dà occasione a tanti benpensanti, anche sedicenti credenti, per crearsi oasi di indifferenza, difese con arroganza, resa ancora più insopportabile quando ad accompagnarla c’è il paravento di un’improbabile e devota religiosità.

Continuiamo a chiedere con la donna cananea: «Signore, aiutami», con la speranza che anche per noi Gesù abbia parole di consolazione: «… grande è la tua fede!»

SANREMO, Concattedrale di San Siro, 20 Agosto 2017

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