L’incontro con la lectio divina che in quest’anno pastorale invita a contemplare le parabole del Regno ha proposto, nella serata di venerdì 3 marzo, il capitolo 18 di Matteo attraverso la riflessione proposta dal vescovo, Antonio Suetta.
Il brano scelto ci accompagna nel cammino della Quaresima a contemplare il mistero della Chiesa. “Ci troviamo davanti ad uno dei discorsi ecclesiastici di Gesù in Matteo. E la chiesa è vista come una comunità santa, per la presenza del Signore, e fatta di peccatori, per le nostre fragilità” e prima di commentare la soluzione che il brano presenta per la comunità, il vescovo ha ripreso i problemi che il capitolo descrive come presenti fin dagli inizi. Rievoca le parole di Papà Francesco quando ci lascia l’immagine della chiesa vista come un ospedale da campo dove i medici devono capire come arginare le infezioni. “Ci troviamo in un contesto di contesa tra i discepoli che stanno discutendo su chi fosse il più grande. E sappiamo come Gesù risolve il problema mettendo un bambino al centro e indicando nella sua semplicità il valore di vera grandezza per il cristiano”. Il problema della divisione è purtroppo alla base di tante scorrettezze anche nella chiesa di oggi. Insieme al secondo problema denunciato dall’evangelista, quello degli scandali. “E per scandalo dobbiamo intendere l’incapacità di alcuni che di nuovo si credono grandi e sapienti di non saper accompagnare e incoraggiare la fede dei più deboli.” E la denuncia di Gesù sulla macina da legare al collo di chi è autore di questo gonfiarsi davanti agli altri invita a riflettere su come modificare la nostra vita nelle eccessive libertà che ci creiamo senza pensare alle conseguenze che il nostro vivere ha come ricaduta su chi cammina adagio nella scoperta del misero di Dio. E queste infezioni, ci portano alla soluzione del Vangelo come cura per ripristinare la perfetta carità. “Sono due le parole su cui si fonda l’insegnamento di Gesù: fratello e perdono. Questa è la chiave della vera correzione fraterna che diventa il modo in cui vanno risolte le crisi nella chiesa – sottolinea Suetta – dove tutto parte dall’amore di Dio: è il re infatti che comincia a voler fare i conti con i suoi servi. Facendo venire la verità a galla senza averne paura. E subito ci troviamo davanti alla sproporzione: il servo deve al re ben 10.000 talenti d’oro. Mai e poi mai il debitore potrebbe pagare quel debito e il sovrano si impietosisce davanti alla sua miseria. Ma quel servo non riesce a provare le viscere di misericordia verso il suo compagno che invece gli deve una cifra irrisoria. Il re va oltre la giustizia con il perdono, come farà Cristo sulla croce. E chiama quel debito un prestito, perché esso indica la vita, dono straordinario che mai potremmo ripagare verso chi c’è l’ha donato. Non c’è perdono vero senza correzione fraterna. Anche i servi devono desiderare che la verità venga a galla, prendendosene cura e lavorando nell’ospedale da campo perché tutti passino dalla malattia alla vita.”