Una figura poliedrica e di grande spessore, Salomone, presentata nella Lectio dello scorso venerdì dal vescovo Suetta ai fedeli presenti nell’Oratorio dell’Immacolata di Sanremo.
“Un giovane che chiede a Dio il dono della sapienza, che si dichiara inesperto e riconosce, al di là del dato anagrafico, nel desiderio di realizzare la propria vocazione, il bisogno di non ripiegarsi in una sterile autosufficienza. Naturalmente la sapienza è il sigillo di tutto un cammino che – sottolinea il vescovo – presenta questo re dal cuore docile impegnato nella realizzazione di quel Tempio che in fondo rappresenta la sua, la nostra vita”. La sapienza viene intesa nell’AT come la capacità di ben governare. Un insegnamento per il nostro tempo?
“Il messaggio che ci propone la Parola di Dio, contenuto non solo nel libro della Sapienza, si indirizza a coloro che volendo guidare un popolo, sono chiamati a lasciarsi formare dalla sapienza per diventare così veri amici di Dio. I sudditi, come lo stesso sovrano, sono chiamati a lasciarsi educare non solo dagli uomini ma anche da Dio”. Aggiunge don Tonino: “Anche l’intelligenza sapiente di uomini che, da una parte, mettono a frutto le risorse dell’ingegno e di tutte le doti umane e che, dall’altra parte, sanno ascoltare (altra espressione tipica del sogno di Salomone) e non solo applicare il diritto. Perché – come ricorda il Salmo 127 – se il Signore non custodisce il nostro fare, la nostra casa viene costruita invano: un’esistenza non edificata e non custodita da Dio è inconsistente”.
Il Salmo 127 è uno dei Salmi delle Ascensioni che venivano proclamati nel pellegrinaggio verso il Tempio: “Se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori…”. Secondo un commentatore questo salmo (attribuito a Davide) getta uno sguardo profetico sul futuro del figlio capace di costruire una casa per il Signore e, subito dopo, incapace di custodire la fedeltà a quel desiderio giovanile di avere un cuore docile, capace di ascoltare.
Ecco perché, dopo di lui, questo grande Regno, segno della predilezione e del compimento dell’Alleanza, precipita verso la dissoluzione. La promessa di Dio sembra non realizzarsi:
“Salomone è un uomo che ha avuto successo in tutto ciò che ha fatto. Tutto è legato a quel suo affidamento iniziale, nel quale si riconosce strumento nelle mani di Dio. Una matita, come diceva Madre Teresa, nelle mani di Chi vuole realizzare un grande progetto. E la sapienza ci dice proprio questo: non si tratta di organizzare le cose secondo criteri di successo. Salomone, immagine del vero sapiente, coglie – nella preghiera per la dedicazione del Tempio – il senso profondo della verità su Dio e sull’uomo”. In che modo? “Anziché ricondurre questa splendida realizzazione che Davide, suo padre, non era riuscito a compiere, all’idea di aver fatto qualcosa di grande riconosce, umilmente, che quella casa è incapace di contenere Dio. Salomone sa che Dio non sarà legato dai confini del Tempio, ma che Egli rimane il Signore della storia”.
“Anche noi – come Salomone – abbiamo consapevolezza che Dio realizza il suo progetto ben oltre la nostra povertà: perché la sua fedeltà costruisce la vera casa nella quale si realizza la promessa intuita, desiderata ma indisponibile alla nostra indocilità”. Noi che pensiamo di poter chiudere l’Altissimo nei nostri schemi, incapaci di comprendere la sovrabbondante eccedenza del suo dono d’amore.
Perciò Gesù dirà ai suoi contemporanei: “ben più di Salomone c’è qui”. Oggi lo dice a noi.
Antonio Garibaldi
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