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L’omelia per le ordinazioni diaconali

8 Maggio 2017

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Pubblichiamo o il testo dell’omelia pronunciata dal Vescovo, mons. Antonio Suetta, durante la celebrazione delle ordinazioni diaconali di sabato 6 maggio 2017.

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OMELIA ORDINAZIONI DIACONALI SABATO 6 MAGGIO 2017

Le parole appena ascoltate dal Vangelo sono sbocciate in un clima polemico, agitato e asfittico: Gesù aveva appena guarito un uomo cieco dalla nascita e i Giudei, modello di ogni incomprensione e opposizione mormoravano perché ciò era avvenuto in giorno di sabato.
Anziché appassionarsi all’accaduto, erano piuttosto risentiti di quell’avvenimento. 
Difendevano la norma del sabato pensando di difendere Dio, e Gesù, presentandosi come il buon pastore, spiega il gesto e annuncia: Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Ecco il progetto di Dio ed ecco il programma di vita della comunità cristiana.
Dio non si preoccupa di tutelare i propri diritti, ma piuttosto ha a cuore la sorte dell’uomo, chiamato per nome, non per un brandello di vita ma per la vita in abbondanza: eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime (II lettura).

Davanti a Dio nessuno è un numero o un caso, ma un nome noto, un nome pronunciato con amore e con attesa: egli chiama ciascuno per nome. Questo ci sorprende e ci fa sussultare nel cuore. Gesù non ci chiama per contarci, ma per condurci fuori, con sé: “li chiamò perché stessero con lui” (Mc 3, 13). Il cieco guarito era stato cacciato fuori dal tempio dai Giudei e Gesù annuncia che “condurrà fuori” tutti coloro che ascoltano la sua voce. Fuori da dove? Dai luoghi della sicurezza presuntuosa, dagli spazi ristretti di una tradizione umana, dai recinti soffocanti di progetti meschini privi di amore e di coraggio, dalle prigioni dell’egoismo e dell’invidia.
È curioso che Gesù abbia fatto questo discorso nel tempio, luogo di fede sicura, e decida di condurre le sue pecore ad altri pascoli.
Lo ha ancora ricordato Papa Francesco nel Messaggio per la 54 Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che celebriamo in questa domenica: “due aspetti riguardano la vocazione cristiana: l’invito a “uscire da sé stessi” per mettersi in ascolto della voce del Signore e l’importanza della comunità ecclesiale come luogo privilegiato in cui la chiamata di Dio nasce, si alimenta e si esprime”.
Carissimi Alessandro e Salvatore, che oggi diventate diaconi, voi siete qui perché avete intuito la formidabile portata di una chiamata del genere e vi siete lasciati sedurre e conquistare il cuore da una prospettiva di vita totalmente diversa e, probabilmente, incomprensibile per molti.
Oggi infatti voi scegliete di mettervi a completa disposizione del Vangelo, di fare della vostra vita un dono per tutti, di consacrarvi nel celibato, di dedicarvi alla preghiera e di sacrificare la vostra volontà nell’obbedienza.
Lo fate non perché l’avete deciso voi, ma perché avete capito di essere chiamati a questa vita.
La proposta di Gesù è appello alla vostra libertà, che oggi consacrate nelle promesse di un’esistenza donata e non più vostra; non volete rimanere chiusi nel recinto di una vita umanamente sicura e desiderate assaporare invece la ricchezza e la fecondità dei pascoli promessi da Gesù. Anziché stare sequestrati nella gabbia di schemi esclusivi, dediti a sovrintendere a spazi angusti, obbligati a realizzare rassegnati ordini impartiti dall’alto accettate di lasciarvi sospingere dove Dio conduce i suoi discepoli.
Gesù camminerà davanti a voi e vi aprirà la strada. A lui sta a cuore il futuro, non il rimpianto e dunque nell’obbedienza, nella castità, nel servizio, nella fedeltà non abbiate timore di lasciare, anzi, nella convinzione che tanto più sarete forti quanto meno umanamente garantiti, esprimete finalmente in un atto definitivo e gioioso di consacrazione ciò che avete intuito quando il Signore ha bussato al vostro cuore. Abbiate come unica sicurezza che nessuno può rapirci dalla sua mano (cfr. Gv 10, 28). Se oggi gli consentite di lasciarvi prendere per mano e mai azzarderete di staccarvi da lui, sperimenterete la sua fedeltà e la forza trasformante della sua Parola.

Sempre pronti e disponibili per compiere la volontà di Dio, servite con gioia e generosità il Signore e i fratelli. Ricordate che nessuno può servire a due padroni e, mettendo la vostra vita a servizio del Signore, rifiutate gli idoli di ogni impurità e dell’avarizia, che rendono schiavi gli uomini (dal rituale dell’ordinazione).

Oggi entrate nel Sacramento dell’Ordine e, anche se proseguirete verso il presbiterato, la conformazione a Cristo servo che ricevete segnerà per sempre la vostra vita ed il vostro ministero e ne costituirà il sigillo ed il criterio di autenticità, nonché la fonte di fecondità per tutti e di vera gioia per voi, sull’esempio di Cristo, che non è venuto per essere servito, ma per servire.

L’icona che sempre dovrete avere dinanzi agli occhi e nel cuore è Cristo stesso inginocchiato ai piedi dei suoi discepoli per lavarli, seguendo il suo invito: “vi ho dato l’esempio affinché come ho fatto io così facciate anche voi” (Gv 13, 15).

Non sarete però assistenti sociali e neppure operatori assistenziali perché siete costituiti ministri, cioè servitori, del vangelo; ai poveri, ai derelitti, ai sofferenti, agli smarriti di cuore e ai peccatori dovrete annunciare la buona notizia dell’amore e della misericordia di Dio.
Ogni gesto della vostra vita non dovrà mai prescindere dalla volontà di Dio “che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tim 2, 4) ed ogni atto di carità, fosse anche il solo bicchiere d’acqua fresca dato al fratello più piccolo, non potrà mai dimenticare che siete mandati per donare il refrigerio e la fonte viva del Vangelo di Gesù.
Ancora il Papa nel suo Messaggio: “Ogni discepolo missionario sente nel cuore questa voce divina che lo invita a “passare” in mezzo alla gente, come Gesù, “sanando e beneficando” tutti (cfr. At 10,38). Ho già avuto modo di ricordare, infatti, che in virtù del Battesimo, ogni cristiano è un “cristoforo”, cioè “uno che porta Cristo” ai fratelli (cfr. Catechesi, 30 gennaio 2016). Ciò vale in modo particolare per coloro che sono chiamati a una vita di speciale consacrazione e anche per i sacerdoti, che generosamente hanno risposto “eccomi, Signore, manda me!”. Con rinnovato entusiasmo missionario, essi sono chiamati ad uscire dai sacri recinti del tempio, per permettere alla tenerezza di Dio di straripare a favore degli uomini (cfr. Omelia Santa Messa del Crisma, 24 marzo 2016). La Chiesa ha bisogno di sacerdoti così: fiduciosi e sereni per aver scoperto il vero tesoro, ansiosi di andare a farlo conoscere con gioia a tutti! (cfr Mt 13,44)”.
È il vero e unico debito di carità verso tutti, che mai potrete saldare a fronte della grazia e della fiducia del Signore, che conta su voi avendovi ritenuti degni di affidarvi il ministero.

Siate degni ministri della Chiesa amandola di vero cuore ed edificandola con la vostra vita; siate fermento di unità, costantemente all’opera affinché la sposa del Signore sia sempre più bella e vera, adoperatevi di riformarla, come è nella sua natura, mai con la critica e la divisione ma piuttosto con l’autenticità della vostra vita e della vostra sequela. Lavorate instancabilmente per la comunione nel presbiterio e conservatevi fedeli alle raccomandazioni di Sant’Ignazio: “per il rispetto di chi ci ha voluto bisogna obbedire senza ipocrisia alcuna, poiché non si inganna il vescovo visibile, bensì si mentisce a quello invisibile. Non si parla della carne, ma di Dio che conosce le cose invisibili” (Ai Magnesii, III).

Tutta questa Chiesa di Ventimiglia – San Remo vi abbraccia e vi ringrazia per aver accolto l’invito del Signore; fra poco, quando pregheremo le litanie dei santi e voi vi prostrerete a terra, sentirete forte il sostegno della preghiera: portatelo indelebilmente nel cuore affinché nessuna presunzione vi impedisca mai di vivere come il Signore vi chiede e come voi oggi volete: totalmente e irrevocabilmente consegnati all’amore di Dio, senza riserve e senza rimpianti.

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