Pubblichiamo un estratto dell’omelia che il vescovo Antonio Suetta pronuncerà questa mattina in Francia, presso la basilica di santa Maria Maddalena a Saint – Maximin – la – Sainte – Baume, nel dipartimento del Var, sede della parrocchia omonima appartenente alla diocesi di Fréjus-Tolone durante la solenne celebrazione in onore della santa patrona.
S. MAXIMIN, 25 LUGLIO 2021
Carissimi Fratelli e Sorelle, devoti residenti e pellegrini,
a tutti un caro e affettuoso saluto dicendovi la gioia di essere oggi qui a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume, insieme con voi, per la festa solenne di Santa Maria Maddalena.
Ringrazio di cuore il Reverendo Padre Florian Racine, Rettore della Basilica di Santa Maria Maddalena per il graditissimo invito, e Monsignor Jean Pierre Ravotti, che gentilmente ha preparato e organizzato la mia partecipazione.
Saluto con deferenza le distinte Autorità civili, militari e politiche.
In questa festa di Santa Maria Maddalena vogliamo metterci sui suoi passi. Con lei, “Apostola degli Apostoli”, scopriamo come l’evento che fonda la nostra fede non conosca il linguaggio dello scombussolamento o del trionfo o dell’esplosione.
Noi crediamo alla risurrezione non perché qualcuno abbia assistito a quell’evento, ma per ciò che quell’evento ha suscitato nel cuore e nella vita dei primi discepoli. Tutto molto leggero: solo segni da leggere. La discrezione della Pasqua. Attenzione alle domande, alle lacrime, ai percorsi di ognuno: donna, perché piangi? Chi cerchi?… che sono questi discorsi che state facendo lungo il cammino? La Maddalena lo riconosce quando si sente chiamare per nome; ai due di Emmaus il cuore si scalda quando conversa con loro lungo la strada.
Gesti e timbri di voce sciolgono le tenebre del cuore.
Il vangelo è memoria di gesti e di segni da scrutare. Ed è necessario che qualcuno – come Maria Maddalena – ci istruisca perché non ci fermiamo a fare la conta dei segni senza essere capaci di interpretarli.
Gesù era davvero risorto, ma Maria di Magdala era ancora nel buio: l’invito che ci giunge è quello di osare di avvicinarsi proprio come lei, lasciando parlare ancora i segni che hanno accompagnato la morte di Gesù. Per questo piange e per questo cerca.
Tutto questo quando ancora era buio. La notte non si è ancora diradata ma lo spuntare del giorno si affretta perché qualcuno non ha permesso che una pietra tombale spegnesse per sempre la sua speranza. È già grazia alzarsi quando davanti a noi sembra di cogliere lo sfacelo della speranza. Chi, nella notte, accetta di mettersi in cammino trova che la pietra tombale non è più al suo posto. Cammini che iniziano al buio. Mossi solo dalla consapevolezza che non ci sono forze che possono spegnere per sempre il sogno della vita. È ancora possibile frequentare l’impossibile: questo attesta Maria di Magdala. Un altro mondo è possibile, un’altra società è possibile, un altro uomo è possibile. Una resurrezione è possibile: c’è ancora posto per la bontà e per l’umanità in questo mondo. Non è scritto da nessuna parte che le forze della morte abbiano comunque il sopravvento. Il nostro compito non è quello di imbalsamare Cristo, ma di anticipare l’aurora, affrettare il giorno.
In questo nostro clima in cui spesso la vita è uccisa e grossi macigni vorrebbero impedire la possibilità di sognare ancora il nuovo noi ci riscopriamo proprio come le donne all’alba del primo giorno della settimana. Proprio per noi risuona oggi l’invito a non aver paura e a individuare la Galilea nella quale ci da appuntamento. Facendo attenzione che i luoghi nei quali egli si lascia trovare non sono soltanto i luoghi religiosi, ma la casa, il giardino, la strada, il lago, una locanda. E l’incontro con lui non è mai omologante ma plurale, cioè secondo i tratti e le capacità di ognuno.
La pasqua non è una improvvisa restaurazione della vita. Gesù non va cercato come un corpo passato, la vita eterna non va pensata come una riedizione del passato. È necessario andare oltre: non a caso la traccia del corpo di Gesù è sottratta. L’attenzione deve puntare altrove.
È l’esito di un processo, di un lento camminare, di una trasformazione della vita che conosce i tratti della quotidianità e della debolezza. La pasqua è il frutto maturo di una vita che accetta di consumarsi, di non essere trattenuta.
La chiamiamo risurrezione ma dobbiamo ricordare che si tratta di una Pasqua, di un “passaggio”, di una lacerazione, di qualcosa che si rompe e si apre perché altro accada. E accade proprio attraverso l’esperienza della fragilità, del peccato, del vuoto e della morte riletti come momento di passaggio alla fede nella misericordia del Padre.
Maria Maddalena è un appassionante personaggio, che amò il suo Signore con cuore innamorato: il suo è un amore assoluto. Dopo la scomparsa del maestro amato era come morta, aveva perso la sua ragione di vita, le era stato perdonato molto, perché molto aveva amato e adesso, morto Lui, non sapeva più che farsene del suo amore e della sua vita.
Giovanni mette in evidenza il valore del personaggio di Maria Maddalena. I sinottici l’avevano collocata tra le altre donne. Giovanni la mette in primo piano, per l’importanza della sua testimonianza, fu la prima a correre da Pietro per dare la notizia della tomba vuota. Notizia che dimostra il suo turbamento, ma non dice nulla sulla resurrezione del Signore.
Maria di Magdala è la donna del desiderio, di un desiderio immenso, che penetra e unifica tutto il suo essere. Giovanni segue la trama del Cantico dei Cantici.
“Nel giorno dopo il sabato” “di buon mattino” la notte sembra non finire mai, il cuore veglia, non riesce ad aspettare la luce di un nuovo giorno; “quando ancora era buio” si mette in cammino, il buio era fuori, ma anche dentro per l’assenza di colui che amava. Possiamo immaginare i sentimenti del suo cuore.
Quando i discepoli se ne vanno, Maria si ostina a rimanere là: “stava all’esterno e piangeva”. Lei “sta” presso la tomba come “stava” presso la croce.
Ha perduto il suo Signore, colui che l’aveva liberata, che l’aveva estasiata.
Ora è lì, avvolta dal suo pianto, prigioniera del suo dolore.
Il pianto scaturisce dal desiderio dell’amore, dalla mancanza dell’amato, dall’assenza che diventa estraneità a tutto il resto
Questo pianto ci insegna a riscoprire una presenza, perché il Signore non ci diventi estraneo. Gregorio Magno presentava Maria di Magdala come la “donna desiderante”: Pietro e Giovanni, dopo aver visto la tomba vuota, vanno via, Maria rimane … è la Chiesa che sempre cerca … solo lei, rimasta per cercarlo, poté vederlo.
Noi non vedremo mai ciò che non desideriamo “perseverò nella ricerca e le fu concesso di trovare”. I desideri autentici si fanno più ardenti nell’attesa. Il discepolo deve portare nel cuore la ferita d’amore per l’assenza del suo amato. “Colui che si lascia avvolgere e trasportare dal desiderio sarà incendiato dall’Amore … l’animo avvolto in fiamme brilla in questo incendio” (Gregorio Magno).
“Donna perché piangi?” in questa domanda c’è ogni discepolo, c’è la Chiesa. Gesù, ancora sconosciuto, fa a Maria la stessa domanda degli angeli, ma aggiunge “Chi cerchi?”, domanda che ci riporta alla prima chiamata dei discepoli: “Che cercate?” (Gv 1,38).
La Maddalena risponde ancora a partire dalla convinzione che il corpo sia stato portato via, e Gesù dirada questa nebbia con una sola parola: “Maria!”. Quante volte e con quante sfumature d’amore Gesù avrà pronunciato quel nome!
Spariscono paure e timori per cedere il passo a una splendida fede. Cadono tutte le barriere. Si getta ai piedi di Gesù come aveva fatto nel convito a casa di Simone, non pronuncia frasi solenni, ma una sola parola “Rabbuni!”, l’amore non ha bisogno di tante parole. “Rabbuni” era una parola che solo i discepoli potevano pronunziare, Maria è una discepola, ma anche una sposa… una donna quando voleva rivolgersi con particolare amore a suo marito gli diceva: Rabbuni.
“Non mi trattenere” … l’amore per sua natura tende a trattenere, ma Gesù la sollecita ad andare: va’, va’ a dire ciò che tu hai visto. È lo schema tipico di ogni storia di discepolato: Gesù chiama persone che non lo conoscono, poi lava loro i piedi e li chiama amici e, alla fine, si scoprono fratelli: “salgo al Padre mio e Padre vostro”.
“Maria di Magdala andò subito ad annunziare …”, scopre che il suo amore è ormai un amore al di sopra di questo mondo, lascia che il suo amato si allontani e in questo distacco c’è il più bell’omaggio d’amore e di fedeltà, che un discepolo possa fare al suo Maestro, nell’attesa che tutto si compia verso una festa che non avrà più fine.
Ci insegni Maria Maddalena a riconoscere Gesù sul nostro cammino e a portarlo agli altri come speranza di vita.
+ Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia – San Remo