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Cultura

Moro, la relazione di Rolandi

17 Giugno 2018

artedì 12 giugno si è tenuto a Sanremo nei locali della Villa Santa Giovanna d’Arco, sede della curia diocesana, il secondo ritiro rivolto a coloro che sono impegnati a servizio della vita pubblica: politici, amministratori,
sindacalisti, magistrati, insegnanti, volontari che lavorano nelle tante associazioni.

Alle 18 la preghiera guidata dal vescovo Antonio Suetta ha immediatamente favorito il clima ed il significato dell’incontro, ovvero quello di offrire un momento di forte interiorità per poter dare nuove ragioni all’impegno personale e per rivedere il proprio modo di vivere il vangelo alla luce del vangelo stesso. «Una frase colpisce per la sua attualità e profezia scritta da Aldo Moro alla fine degli anni Sessanta – così ha esordito il dottor Luca Rolandi, giornalista e ricercatore di storia sociale e religiosa, che ha sviluppato il tema: «La verità nella
carità: la testimonianza di Aldo Moro». – «Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo». Ha poi continuato il relatore:

«Si tratta di una sintesi del pensiero di un cristiano umile, un politico vero, un uomo, un fratello, un padre da ricordare e raccontare.
Ed anche questa seconda frase ci illumina sulla proposta umana e cristiana di Aldo Moro: «Mi pare che nella vita per fare qualcosa di grande e di buono, e perciò di duraturo, occorra saper pagare di persona, facendosi attori e veri partecipi poi del dramma. Le forme di questa partecipazione possono certo mutare, ché il destino non è uguale per tutti; ma finché questa partecipazione non vi sia, finché si resti freddi spettatori senza avventura e senza dolore, tant’è come non vivere. Ché la storia si fa senza e contro quelli che non conoscono la ferita che fa sangue e non sanno cosa sia il dono dell’amore».

Non ci si è soffermati, se non brevemente, sui giorni del rapimento delllo statista, ma si è voluto ricostruire il profilo umano e cristiano di Aldo Moro a partire dalla sua formazione intellettuale, dal suo impegno nell’assemblea costituente per giungere alla militanza nella Democrazia Cristiana e al suo impegno di docente universitario.

Nel delineare lo stile dello statista Rolandi si è espresso così: «La politica è pensiero e azione: uno spazio in cui si concretizza questo binomio che non ha origini solo mazziniane, ma radici cristiane. In questo contesto emerge il valore della libertà. La cifra della libertà morotea sta nella consapevolezza che anche in uno stato di necessità qualcosa di buono può emergere a favore del bene comune e contro chi causa il male». La passione per il destino degli uomini, la consapevolezza che il bene vince sempre il male, il rispetto ed il dialogo, e il fare sempre il nostro meglio: sono stati questi i cardini della riflessione che si è snodata sulla testimonianza di Aldo Moro.

Prima della celebrazione dell’eucaristia presieduta dal vescovo, durante la quale è stato consegnato ai partecipanti il Compendio della dottrina sociale della Chiesa Cattolica, si è tenuto un momento di approfondimento in cui i partecipanti si sono suddivisi in piccoli tavoli di riflessione. Ne è emersa la richiesta da parte dei laici di essere aiutati nel discernimento, per comprendere quale sia la luce che il vangelo può dare alla nostra società così complessa e ricca di contraddizioni. Nello stesso tempo coloro che sono impegnati nel sociale hanno chiesto di non essere lasciati soli.

Per il prossimo anno durante il cammino di «PerCorso» saranno affrontati alcuni dei temi suggeriti.

Ferruccio Bortolotto

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