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Nuccio e Valerio sono diaconi

5 Dicembre 2016

Pubblichiamo il testo integrale dell’omelia di monsignor Suetta tenuta durante l’ordinazione diaconale di Nuccio Garibaldi e Valerio Vacca.

“Eccellenza, carissimi presbiteri e diaconi, religiosi e religiose, seminaristi, carissimi ordinandi  e fedeli tutti, la Parola di Dio appena proclamata ha due intonazioni particolari. Isaia ha descritto un mondo rinnovato dalla potenza di Dio e dalla sua manifestazione e ci ha come incantato con immagini che sembrano appartenere soltanto ai sogni: sappiamo però che davvero contengono la promessa di salvezza per l’intera umanità. Matteo invece presentandoci l’austera e coraggiosa figura del precursore Giovanni Battista ci ha fatto ascoltare parole di fuoco, energiche e decise, capaci di scuotere la pigrizia ed il torpore.In realtà il messaggio è uno solo: Dio è vicino e viene a visitarci.Siamo invitati ad accorgerci di questa vera novità e a convertirci, cioè a guardare, ad orientarci ad essa. La prima cosa da fare è cogliere la vicinanza di Dio, farsi attenti ai suoi passi, intuirne la presenza, fargli spazio nel cuore. Quando troppo spesso la vita sembra muta e arida non è forse per incapacità a decifrarne i segni? Il tema offertoci dalla Parola di Dio è uno splendido contesto per l’ordinazione diaconale di Antonio e di Valerio: incanto e missione. Carissimi, fra poco, mentre invocheremo i santi, voi vi prostrerete a terra: quel gesto, denso di tutto il vostro cammino di vita, di discernimento e di preparazione, è un atto di consegna definitiva, totale e unica all’amore di Dio che vi ha chiamato. Dirà ancora con la sua semplice ed essenziale espressività quello che state per promettere: la fedeltà, il servizio, una coscienza pura, la preghiera incessante, l’obbedienza e l’offerta della vita nel celibato. Non ci può essere altra ragione per una simile scelta di vita, che a molti potrebbe apparire anche folle, se non una risposta d’amore a chi, scegliendovi, vi ha incantato: “mi hai sedotto, Signore…” confessava Geremia (20, 7). Il sacramento dell’ordine vi trasformerà conformandovi per sempre a Cristo, che è venuto “per servire e non per essere servito” (Mc 10, 45): questo stile di vita sarà anche il vostro e lo sarà affinché tutta la vostra esistenza sia consacrata al servizio del Vangelo, che dovrete annunciare, come San Francesco comandava ai suoi frati, “anche con la parola, se necessario”. La vostra testimonianza infatti sarà soprattutto con la vita non soltanto nel senso di una degna condotta ma, più profondamente, nel suo perché, secondo la splendida intuizione dell’evangelista Marco nel narrare la chiamata dei Dodici: “Li scelse perché stessero con lui, per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni” (Mc 3, 14-15). Soprattutto perché stessero con lui. Scrive così Papa Francesco: “Solo chi tiene fisso lo sguardo in ciò che è davvero essenziale può rinnovare il proprio sì al dono ricevuto e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere di fare dono si sé; solo chi si lascia conformare al buon Pastore trova unità, pace e forza nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni” (Messaggio alla CEI, 8.11.2014). Il diaconato vi consacra in questa dimensione che si esprime nel servizio: il tempo del diaconato durerà un breve tempo, ma dovrà rimanere un’impronta, un marchio di autenticità di tutta la vostra vita al servizio della Chiesa. Se venisse a mancare in voi la freschezza e la follia di essere un dono per Cristo e per i fratelli, non avreste più nulla da dire e nulla da dare; come Pietro, per rimanere davvero al servizio dei fratelli, dovrete sempre lasciarvi lavare i piedi da Gesù, lasciarvi rinnovare dalla gioia di appartenergli. Ci sono parole davanti alle quali oggi, dato il clima esplosivo di pretesa libertà, vien da storcere il naso: umiltà e obbedienza, ad esempio. In chi si fa servo per amore la più grande libertà si sposa alla più umile obbedienza, liberi di spaziare nel cielo come gabbiani, liberi di percorrere la terra come l’acqua; come l’acqua umili, perché obbedisce ad ogni forma, eppure liberi perché nessuno la costringe. Umili perché docili e senza resistenza, senza temere di sprecarsi mentre ci si dona. Se umiltà è verità del proprio essere, allora obbedire è semplice riconoscenza: riconoscimento di essere solo creatura, consapevoli del proprio fondamento in Altro, a cui diventa bisogno d’amore abbandonarsi. “Ogni amore chiede il voto di obbedienza ed è suprema libertà questo arrendersi totalmente all’amato, questa passione assurda di farsi suo strumento, suo gingillo, suo giocattolo perfino, ma suo”. Perché libertà non è possibilità di dire sì o no; questo è solo un limite della natura umana; libertà è pienezza dell’essere che è tutto e solo sì . Credere infatti non è tanto dare il consenso ad un’idea: è piuttosto l’affidarsi del bimbo all’amore fedele del padre, come Gesù ha detto: “mio cibo è fare la sua volontà” (Gv 4, 34); credere non è domandare all’amato “dove mi porti?”, ma è implorare umilmente che ovunque mi porti con sé. Solo all’Amore e per amore si può veramente obbedire; e se colui che comanda non fa le veci dell’Amore e se colui che obbedisce non risponde come all’amato, non si danno né umiltà né libertà vera. A voi, al termine del rito di ordinazione, verrà consegnato il libro dei Vangeli: in questo segno il secondo aspetto che oggi ci offre la Parola di Dio. Anche voi siete costituiti come precursori della venuta di Gesù nel cuore dei fratelli e nel mondo. Porterete una Parola che non è vostra e che dovrete trasmettere senza stancarvi o scoraggiarvi, senza nulla togliere e nulla aggiungere, umilmente convinti che essa ha in sé la forza di fruttificare in chi la accoglie. Questa Parola sarà innanzitutto il vero nutrimento della vostra vita spirituale, la dovrete assimilare sempre più intensamente affinché ogni gesto ed ogni parola che esprimerete la facciano risuonare in chi vi ascolta. Siate vigilanti e fedeli, non abbiate mai paura e soprattutto non arrossite mai del Vangelo (cfr. Rm 1, 16). Considerate la vostra vita come un debito: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10, 8), avete infatti scoperto un tesoro nel campo e avete posato lo sguardo sulla perla preziosa (cfr. Mt 13, 44-46), avete intuito che quel tesoro era per voi e per conquistarlo avete deciso di mettere in gioco tutta la vita e voi stessi. È l’unica vera ricchezza che d’ora innanzi possederete: vegliate su voi stessi affinché nulla oscuri in voi tanto splendore; non lasciatevi tentare dalle seduzioni del mondo, non cedete all’idea di trovare sicurezza e bene nel denaro, nella carriera o in qualunque soddisfazione mondana. Siate invece semplici, liberi, generosi e fedeli, ricordandovi che “nessun servo può servire a due padroni”(Lc 16, 13). Siate costantemente convinti che chiunque busserà alla vostra porta avrà il diritto di trovare ascolto e di essere accolto: non ci siano orari, schemi, strutture, programmi, organizzazioni che facciano da padroni nel vostro ministero; servitevi di queste cose, ma siate soprattutto uomini di Dio e fate come Gesù, che, al richiamo delle folle, smarrite come pecore senza pastore (Mc 6, 34), si lasciava commuovere e tutti accoglieva. Con questa libertà sarete anche voi come Giovanni Battista: coraggiosi e leali nell’annuncio del Vangelo, senza mai piegarlo o ridurlo alla meschinità umana; sarete, come lui, sempre pronti a lasciarvi rinnovare dalla Parola di Dio fino a mettervi in discussione e soprattutto fino a dare la vita. Con lui e come lui capirete e farete capire che tanti tronchi secchi stanno a cuore a Dio; e Dio ancora, attraverso di voi, annuncerà a tanti che un germoglio, un discendente di Davide, Gesù di Nazaret, può essere sempre l’artefice di un nuovo inizio”.

Sanremo, 5 dicembre 2016

 

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