Grande è la gioia e sovrabbondante la grazia di questo momento: la nostra Chiesa di Ventimiglia – San Remo sta per ricevere in dono dalla misericordiosa fedeltà del Signore due presbiteri e due diaconi.
Secondo quanto ascoltato nella seconda lettura, è Gesù che “distribuisce doni agli uomini”, suscitando profeti, apostoli, maestri e pastori allo scopo di “edificare il corpo di Cristo finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza di Cristo” (Ef. 4, 11.13).
Carissimi ordinandi, lo Spirito del Signore scende su di voi e vi consacra con l’unzione affinché siate testimoni, annunciatori e strumenti della liberazione e della consolazione del Signore.
Ciò non accade a partire da una naturale idoneità, ma in forza della benevolenza gratuita di Dio, che vi “ha rivestito delle vesti della salvezza e vi ha avvolto con il mantello della giustizia” (cfr. Is 61, 10). Una potente immagine per dire che il vostro si, pronunciato in questa giornata di grazia, è risposta ad una lunga, bella e impegnativa storia d’amore voluta dal Signore per voi.
Le vostre storie sono diverse, tutte accomunate dalla gioiosa ed irresistibile esperienza della chiamata di Dio e da difficoltà, anche bizzarre – se volete -, provenienti dall’umama debolezza o da ostilità sorde e cieche di fronte alle sorprese di Dio.
Bene descrive Isaia l’esultanza che oggi trabocca dal vostro cuore: “come uno sposo che si mette il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli” (Is 61, 10). “Quale gioia quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore!”. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte” (Sal 122).
Se vorrete rimanere nella fedeltà e camminare nella vera gioia non spogliatevi mai di questo abito nuziale, che ha un aspetto materiale ed uno spirituale; siate sempre splendenti e decorosi nella celebrazione dei divini misteri lasciando il minimalismo ad altri ambiti della vita; portate fieramente l’abito ecclesiastico, il cui colore nero richiama efficacemente il mistero della passione del Signore, passione d’amore anche per voi. La dignità del vostro aspetto dica sempre e a tutti chi siete, perché ci siete e come ci siete.
Naturalmente è ancora più importante l’abito nuziale, di cui sempre dovrà essere rivestito il vostro cuore. Gioia, soddisfazione e gratificazione non verranno mai da risultati conseguiti per i vostri sforzi, ma saranno sempre garantiti da una contemplativa consapevolezza di che cosa il Signore ha fatto per voi e in voi.
Condizione imprescindibile per questo è che non consideriate mai il ministero come una mera funzione e che mai lo lasciate così intendere ai fedeli. La sacra ordinazione di questo giorno vi innesta nel mistero del sacerdozio di Cristo, con modalità diverse per i presbiteri e per i diaconi, operando una speciale consacrazione e abilitandovi ad agire “in persona Christi”. “Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti” (Is 61, 6).
Il Signore che vi ha gratuitamente chiamato ed oggi compie questo suo stupendo disegno richiede da voi una risposta di santità. Il “camminare umilmente con lui”, come dice Michea (6, 8), permetterà a Dio di compiere per mezzo vostro le sue meraviglie di salvezza e di compiere per voi la promessa della sua gioia. Camminare con lui significa non distogliere mai lo sguardo innamorato dal tesoro scoperto nel campo della vostra vita e rimanere nella giusta convinzione che vale la pena decidere di investire tutto per conquistarlo.
Fate dunque tesoro delle parole ascoltate nella seconda lettura: “non saremo più fanciulli in balia delle onde, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina nell’errore” (Ef 4, 14).
L’annuncio del Vangelo incontra sempre forti opposizioni perché, pur essendo destinato alla salvezza dell’uomo e del mondo, proprio nel mondo trova resistenza perché il mondo, come dice l’apostolo Giovanni, “giace sotto il potere del maligno” (1 Gv 5, 19). Alla sensibilità odierna questa affermazione può sembrare esagerata, ma corrisponde alla verità: purtroppo ne abbiamo drammatici e feroci riscontri dall’esperienza quotidiana.
I modelli di vita oggi diffusi e in voga, purtroppo talvolta acriticamente ospitati anche in contesti ecclesiali e cristiani, tendono ad escludere Dio come fonte e criterio del bene e della verità; si creanocosì degli idoli, che non soltanto falliscono e tradiscono per la loro inconsistenza, ma che in modo occulto veicolano sempre la presenza e l’azione del diavolo.
È di questa liberazione che parla Isaia: non si tratta di tematiche sociali, ma della più profonda libertà, che l’uomo deve sperimentare: la libertà dalla schiavitù del peccato.
Per questo oggi voi siete costituiti e mandati.
In modo speciale nelle vostre mani, carissimi don Andrea e don Marco, la Chiesa mette l’Eucaristia, che dovrà essere sempre il cuore della vostra vita e delle vostre giornate, e i sacramenti della Penitenza e dell’Unzione degli infermi, sacramenti di consolazione e di liberazione.
Cercate incessantemente “gli smarriti di cuore” (Is 35, 4) e donate loro la misericordia del Signore.
A tutti voi, cari ordinandi, la Chiesa affida la parola del Signore nel ministero della predicazione e vi chiede di non svilirla o annacquarla con “vani ragionamenti umani” o “le mode del momento”: abbiate il coraggio fedele di dire con franchezza ciò che le circostanze richiedono senza tacere colpevolmente.
L’esempio dell’intervento di Gesù, ascoltato poc’anzi dal vangelo proclamato, indica uno stile generoso e responsabile di condurre i fratelli ad un’autentica riflessione sapienziale sugli accadimenti della vita e alla consapevolezza dell’urgente necessità della conversione.
Interessante e preziosa anche la breve parabola con cui Gesù accompagna la severa esortazione: di fronte alla determinazione del padrone di tagliare un albero di fichi che da tre anni ormai non produceva nulla, spunta l’intuizione del vignaiolo: “lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire, se no lo taglierai” (Lc 13, 9). Questo vignaiolo ben rappresenta il vostro compito e lo stile da assumere nella cura pastorale.
A fronte dell’urgenza di portare frutti e del pericolo reale che l’albero sterile venga tagliato e gettato nel fuoco dell’inferno, voi dovrete spendere tutte le vostre energie per implorare la pazienza del Signore, per dissodare il terreno e per nutrire la pianta. Sono i vostri essenziali compiti: pregare, dispensare la Parola e i Sacramenti e coltivare la vigna del Signore.
Abbiate sempre il cuore di quel vignaiolo, splendida icona di Gesù, che non gode delle parole di condanna, ma spera scommettendo sulla misericordia; abbiate un cuore così: grande e tenero, pronto a pagare anche di persona, capace di far conoscere a tutti la sorprendente benevolenza del Padre.
Capirete sempre meglio, quasi incarnandole, le parole citate da Gesù: “io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33, 11); lo farete bene se non sposerete mai teorie umane di salvezza, ma se resterete saldi nello stile di Dio, che “fa la piaga e la guarisce” (cfr. Gb 5, 18).
Circa le difficoltà nell’esperienza del ministero, vi lascio questa bella riflessione del Card. San John Henry Newman: “In verità, quando analizziamo tutta la storia del cristianesimo fin dalle origini, scopriamo che essa non è altro che una serie di problemi e disordini. Ogni secolo è uguale agli altri, ma a chi lo abita, sembra peggiore di tutti i tempi precedenti. La Chiesa è sempre malata e permanentemente debole, portando sempre nel suo corpo la morte di Gesù, perché la vita di Gesù si manifesti anche nel suo corpo. I profeti hanno ragione ad esclamare: Quando finiranno queste cose meravigliose, Signore? Quanto durerà questo mistero? Solo Dio conosce il giorno e l’ora in cui si compirà ciò che deve accadere. Nel frattempo, ci conforta contemplando ciò che è accaduto in passato, in modo da non disperare o scoraggiarsi o angosciarsi per i problemi che ci circondano. Ci sono sempre stati problemi e ci saranno sempre problemi: sono la nostra eredità” (La Passione di Cristo continua nella sua Chiesa).
Confidando in Maria e nel suo materno sguardo, oggi rivolto a voi in questo suo santuario, abbiate anche voi gli stessi occhi innamorati della volontà di Dio e umilmente posati sulle fatiche e sulle ferite di questo popolo affinché il progresso dei fedeli sia un giorno la vostra gioia e la vostra corona di gloria.
+ Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia – San Remo