Sanremo, 17 ottobre 2021.
Carissimi Confratelli Presbiteri e Diaconi, Catechisti ed Educatori,
Carissimi Fedeli,
su invito del Santo Padre Francesco, siamo qui convenuti per celebrare la divina Eucaristia in occasione dell’apertura della fase diocesana del Sinodo universale, che vuole raccogliere l’intera famiglia ecclesiale in un percorso di preghiera, di ascolto della Parola, di discernimento e di rinnovato impegno missionario.
Domenica scorsa il Papa ha opportunamente ricordato che non si tratta di un congresso ecclesiale e ha messo in guardia dai rischi dell’intellettualismo e dell’immobilismo, esortando ad ascoltare, discernere e incontrare.
Anche la nostra Chiesa di Ventimiglia – San Remo si incammina sulla via indicata dal Papa e, con impegno e semplicità, vuole concorrere al rinnovamento della Chiesa secondo la volontà di Dio in obbedienza e ascolto della sua Parola.
Le Parrocchie, le Associazioni, i Gruppi, i Movimenti, i vari ambiti pastorali insieme ai Presbiteri e ai Diaconi si ritroveranno insieme per condividere il frutto della preghiera e della riflessione come contributo al Sinodo dei Vescovi, e tutti, clero e fedeli, siamo invitati a sostenere con la preghiera fervente questo momento di grazia e di impegno.
Un rischio potrebbe essere quello di aggiungere incombenza ad incombenza e così incrementare la fatica sperimentando le tentazioni dell’efficientismo mondano e dello scoraggiamento.
Accanto alla preghiera, all’ascolto orante della Parola del Signore, desidero invitare tutta la nostra Diocesi ad un cambiamento di passo suggerendo non l’accelerazione, che rincorre le molteplici urgenze, spesso indotte e false, ma piuttosto la lentezza, che appunto ascolta, discerne e incontra: “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza,nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (Is 30, 15). Non si tratta di aggiungere attività, iniziative e compiti, ma piuttosto di riconoscere l’essenziale necessario per metterlo al cuore della nostra appartenenza ecclesiale.
Lo scrittore Chesterton, convertito alla fede cattolica, metteva in guardia dalle influenze della cultura moderna, come scriveva schiettamente nell’opera L’uomo comune: “Il problema maggiore di quella che si autodefinisce mentalità moderna sono i binari, la nostra abitudine a essere soddisfatti di stare nei binari perché ci viene detto che sono binari di cambiamento”. In ciò consiste una doppia insidia, riferita sia ai binari come alla pretesa di cambiamento. Sempre con l’immagine dei binari, Chesterton scriveva: “se cominciassimo seriamente a pensare all’idea di uscire dai binari, scopriremmo che ciò che vale per il treno vale anche per la verità. Scopriremmo che è effettivamente più difficile uscire dai binari quando il treno procede velocemente che quando avanza lentamente. Scopriremmo che la rapidità è rigidità… e alla fine nessuno farà il salto verso la vera libertà intellettuale, proprio come nessuno salterebbe giù da un treno in corsa … questo mi pare il segno distintivo di ciò che nel mondo moderno chiamiamo pensiero progressista”. L’uomo moderno, imprigionato su un treno che marcia a folle velocità verso una meta oscura, non ha la forza di allontanarsi dai binari del pensiero comune: sognando un’apparente libertà, rimane in realtà tiranneggiato del pensiero dominante, che gli offre, di giorno in giorno, ingannevoli e capricciose utopie.
La giusta protezione da questo male che impregna la nostra epoca sta nell’immutabile tradizione della Chiesa, che per la sua origine divina – dichiara ancora Chesterton – «non può muoversi coi tempi». E del resto, sempre lo scrittore inglese afferma, «non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo».
In tale prospettiva ci prepariamo anche alla Giornata Mondiale Missionaria di domenica prossima e al corso dell’Anno Pastorale con il mandato diocesano ai Catechisti e agli Educatori, chiamati ad annunciare la Parola che salva e ad accompagnare i fratelli sulle strade della vita nella luce del Vangelo.
Accogliamo con serietà l’invito a “mantenere ferma la professione della fede”, come ha ricordato il testo della Lettera agli Ebrei, guardando “con piena fiducia” al mistero pasquale di Cristo, centro e cuore dell’esperienza della fede e dell’annuncio cristiano.
Rinnoviamo insieme la ferma fiducia nella potenza misteriosa della Croce di Gesù e, come ha annunciato il passo di Isaia, confidiamo che proprio “nella debolezza e nella stoltezza della Croce” (cfr. 1 Cor 2, 1-5), Dio prepari una discendenza di figli suoi affinché si compia nel mondo la sua volontà salvifica.
La Chiesa, convocata in stato di Sinodo, è ancora una volta esortata a ricalcare le orme del Maestro, “venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).
Impegniamoci ad eliminare dalle nostre realtà ed esperienze ecclesiali tutte quelle forme mondane di ambizione e di ricerca del potere, imparando a servire non secondo la logica terrena o la moda del momento, che riconoscono soltanto alcune emergenze e soltanto qualche categoria di miseria, ma, secondo la sapienza evangelica, affidandoci all’esempio di Gesù e alla sua domanda: “Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?” (Mc 10, 38).
Dobbiamo mettere da parte l’illusione di poter rinnovare la vita della Chiesa mediante accorgimenti strategici o inedite iniziative pastorali, per imparare a rimettere al centro della vita cristiana i segni e gli strumenti della grazia divina. Innanzitutto occorre ritrovare la gioia e la fedeltà della Messa festiva – lo sottolineo in modo particolare per i fanciulli e i ragazzi in cammino verso il completamento della iniziazione cristiana -, occorre ritrovare il fervore della Santa Comunione ricevuta con fede e preparata bene con la preghiera, la purezza del cuore e il desiderio che diventi lievito della vita quotidiana. Occorre accostarsi con regolarità e impegno al Sacramento della Penitenza, promuovere l’Adorazione eucaristica come momento intimo e personale con il Signore, favorire momenti di intenso ascolto della Parola di Dio e curare la formazione di tutti coloro che svolgono il ministero di Catechista, Educatore ed operatore pastorale.
Una riflessione di Sant’Agostino può aiutarci a rintracciare la giusta strada affinché tanto la nostra Chiesa di Ventimiglia – San Remo quanto la Chiesa universale possano conoscere ancora il fervore, la forza e i frutti della salvezza: “Tu mostri ad una pecora un ramoscello verde e te la tiri dietro. Mostri ad un fanciullo delle noci, ed egli viene attratto e là corre dove si sente attratto: è attirato dall’amore, è attirato senza subire costrizione fisica; è attirato dal vincolo che lega il cuore. Se, dunque, queste delizie e piaceri terreni, presentati ai loro amatori, esercitano su di loro una forte attrattiva – perché rimane sempre vero che ciascuno è attratto dal proprio piacere – come non sarà capace di attrarci Cristo, che ci viene rivelato dal Padre? Che altro desidera più ardentemente l’anima, se non la verità? Di che cosa dovrà essere avido l’uomo, a qual fine dovrà desiderare che il suo interno palato sia sano nel giudicare il vero, se non per saziarsi della sapienza, della giustizia, della verità, della vita immortale?” (S. Agostino, Tratt. 26, 4-6;).
Mercoledì scorso il Papa, all’udienza generale, ha fatto notare che “se dovessimo pretendere di parlare della fede come si faceva nei secoli passati rischieremmo di non essere più compresi dalle nuove generazioni” (13.10.21). C’è un solo modo efficace per parlare di fede: avere fede, credere davvero. Se la fede è autentica, si vede. Diceva Ovidio: “amore e tosse non si possono nascondere”. Il punto è uno solo: credi davvero che Cristo sia risorto dai morti? Dalla risposta a questa domanda dipende tutta la nostra vita e testimonianza.
L’impegno che affido a ciascuno è essenzialmente spirituale: nella preghiera e nel silenzio impariamo a metterci in ascolto del Signore, invocando il dono dello Spirito Santo per conoscere i suoi disegni e camminando sulla via della sua pace e della sua volontà.
Ci accompagni in questo cammino sinodale la Beata Vergine Maria, che in piena e docile obbedienza ha accolto la volontà di Dio, ci sostengano con fraterna intercessione i nostri Santi e noi stessi impariamo a custodirci nella preghiera, nella stima e nella carità fraterna “esortandoci piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest’oggi, perché nessuno di noi si indurisca sedotto dal peccato.Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio” (Eb . 3, 13-14).
+ Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia – San Remo