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Omofobia: il parere del Magistrato

1 Luglio 2020

OMOFOBIA, UN PROGETTO DI LEGGE VIOLENTO E TOTALITARIO

Giacomo Rocchi*

Presentato il progetto di testo unificato del disegno di legge contro l’omotransfobia: se fosse approvato ogni tipo di differenza di trattamento diventerebbe reato: dalla scelta degli insegnanti della scuola cattolica agli educatori in parrocchia; perfino il divieto di ammissione ai seminari di persone con tendenze omosessuali sarebbe punito con il carcere. La vaghezza dei concetti apre la possibilità a denunce continue e di ogni tipo, ed è questo il progetto: un’aggressione continua basata sulla discriminazione e sui cosiddetti discorsi d’odio. Sono in pericolo i fondamenti della democrazia che conosciamo.

Dopo settimane di rinvii, ieri sera è stato finalmente presentato alla Commissione Giustizia del Senato il progetto di testo unificato su omofobia e transfobia (anche se queste definizioni sono sparite dall’intestazione). Qui un’analisi giuridica del testo:

1. Qualche giorno fa Repubblica, preannunciando il deposito del testo base del disegno di legge contro l’omotransfobia, che è avvenuto ieri sera, titolava: “L’odio verso gay e trans diventa reato. Fino a quattro anni per chi discrimina”. Mi sono chiesto: in quale paese civile un sentimento – l’odio – viene punito come reato? Non siamo forse una repubblica che punisce solo le condotte materiali – chi uccide, ferisce, insulta, diffama, ruba – e si guarda bene dall’incriminare le opinioni, i sentimenti, le convinzioni personali?

Io Donna (il settimanale del Corriere della Sera), partecipando alla gioiosa campagna di pubblicizzazione del progetto di legge, nega che venga punita la libertà di opinione e si spinge oltre: “Un esempio? Verrà punita un’associazione che pubblicando la foto di un attivista gay invita i suoi seguaci a linciarlo. Ma non verrà certo punita una persona se dice che l’utero in affitto è un abominio, il matrimonio omosessuale è sbagliato. Potrà dirlo liberamente”. Verrebbe da replicare: grazie per la libertà che ci viene concessa, ma pensavamo che essa fosse garantita dalla Costituzione! Ma mi chiedo: attualmente, se qualcuno pubblica la foto di una persona e invita i suoi seguaci a linciarla, non è punito? Davvero mancava una legge che reprimesse le condotte di istigazione a delinquere? O meglio: davvero, fino ad oggi, era vietato l’incitamento al linciaggio di tutte le persone tranne gli omosessuali e i transessuali?

2. Leggiamo direttamente la norma penale che verrebbe introdotta in caso di approvazione del disegno di legge: “è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”.

Una prima annotazione: l’odio non c’è. In effetti di odio si parla subito prima con riferimento all’odio razziale o etnico, ma il riferimento non è esteso a queste nuove forme di discriminazione. Come si vede, è lo stesso disegno di legge a smentire ciò che viene sbandierato: ciò che conta è la discriminazione o l’incitamento alla discriminazione; non sono affatto puniti crimini di odio, ma condotte che possono essere sorrette da motivazioni razionali o ragionevoli. I proponenti sanno benissimo che i cristiani non odiano le persone con un determinato orientamento sessuale ma rivendicano il diritto–dovere di affermare tutta la verità sull’uomo, sostenendo che, in certi casi, è opportuno distinguere, quindi “discriminare”: ma questo non può essere consentito, la verità e la realtà devono essere silenziate, la costruzione artificiosa sponsorizzata dall’ideologia gender deve assolutamente essere imposta alla società e alle persone con la minaccia del carcere!

Quali sono le discriminazioni che sono vietate? Tutte quelle che possiamo immaginare! In effetti, la norma non si limita a sanzionare differenze di trattamento già vietate da altre norme, ma stabilisce che qualsiasi differenza di trattamento è vietata e punita con il carcere! Ma noi sappiamo che non tutte le differenze di trattamento costituiscono discriminazione: ad esempio, come ha affermato la Corte Costituzionale, non costituisce discriminazione il divieto per le coppie omosessuali di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale. Le differenze di trattamento possono essere giustificate per motivi educativi (scelta della baby-sitter: posso sapere se è affiliato al Circolo Mario Mieli? Insegnante di scuola cattolica da scegliere), di riservatezza (accesso dei transgender agli spogliatoi femminili oppure camerate di collegi separate per ragazze e ragazzi), di coscienza (il pasticcere o il fotografo che non vogliono prestare la loro opera in unioni civili omosessuali), di equità (atleti maschi che si sentono donne e che gareggiano in competizioni femminili), di fede religiosa (accesso ai seminari).

Da oggi, tutto ciò sarebbe vietato e punito con il carcere: un colpo di spugna a problematiche discusse in tutto il mondo (penso ad esempio alle gare sportive e alle regole che sono state via via adottate).

3. Andiamo avanti: quando sono punite queste discriminazioni? Qui emerge la vera novità del disegno di legge: in effetti, non sono punite soltanto le discriminazioni fondate sul genere, sull’identità di genere o sull’orientamento sessuale, ma anche quelle fondate “sul sesso”.

Abbiamo, quindi, quattro categorie che vengono poste una accanto all’altra: sesso, genere, identità di genere e orientamento sessuale. Quando il Pubblico Ministero vorrà contestare il reato al “discriminatore” dovrà specificare i motivi che lo hanno indotto alla condotta vietata.

Scopriamo, intanto, che, accanto al sesso (suppongo che l’alternativa sia maschio/femmina) esiste il genere: quindi – pare di comprendere – ciascuno di noi è maschio o femmina, ma anche di genere differente. Sia chiaro (sic!): il genere cui noi apparteniamo non corrisponde all’identità di genere, che è una cosa differente; sostanzialmente, nella nostra carta di identità dovrebbero scrivere almeno tre caratteristiche che contraddistinguono una persona.

Il fatto è che – come si comprende dalle diverse proposte di legge che sono state unificate in questo “testo base” – la portata di questi concetti non è affatto pacifica (tranne quella di sesso) e tanto meno è diffusa nella popolazione (provate a chiedere a un vostro amico: di che genere sei? e che identità di genere hai?). In effetti, alcune proposte tentavano di darne una definizione ma introducendone altri: la proposta Boldrini e Speranza faceva riferimento al concetto di “identità sessuale” e a quello di “ruolo di genere”, mentre la proposta Scalfarotto e altri parlava di motivi “fondati sull’omofobia o sulla transfobia”. Il fatto che i concetti siano di significato incerto rende la norma penale illegittima: uno dei principi fondamentali del diritto penale di uno Stato democratico è che la condotta vietata deve essere descritta con precisione, perché il cittadino deve essere messo in grado di prevedere la possibilità di una sua punizione.  

Il testo unificato rinuncia a definizioni, dà per scontato che esista un “genere” distinto dal sesso della persona e, soprattutto, introduce le discriminazioni per motivi fondati “sul sesso”. Questa ultima novità sarebbe diretta a contrastare la misoginia, come si affanna a spiegare Zan nell’intervista a Repubblica. Ora: chiunque può vedere che non si parla affatto di discriminazione nei confronti delle donne, ma di discriminazione per motivi fondati “sul sesso”: è chiaro, infatti, che – a parte le chiacchiere ai giornali – i proponenti non potevano compiere – loro per primi! – una clamorosa discriminazione, punendo la misoginia e non punendo i “crimini d’odio” nei confronti dei maschi. In realtà, pare chiaro che si tratti di un’esca lanciata perché abbocchino i movimenti femministi: ma l’operazione è spregiudicata. Pensate, infatti, che si “butta sul penale” tutta la tematica dei contrasti uomo/donna che, purtroppo, è così diffusa nella nostra società. Se fossi un padre separato che non riesce a vedere i figli quanto vuole, valuterei se denunciare per discriminazione l’assistente sociale, il Consulente del giudice che ha suggerito di far vivere i figli presso la moglie, forse lo stesso giudice; e i problemi di carriera all’interno delle aziende? Perché hanno promosso lui/lei e non me, che sono molto più bravo/a? Lo hanno fatto per motivi di sesso?

Più in generale, questa proposta, punendo la discriminazione per motivi indicati in modo del tutto generico, è una miccia che chiunque può accendere: c’è sempre qualche motivo per denunciare una discriminazione, per chiedere la chiusura di una radio o di un giornale o di una pagina Facebook!

È esattamente questo il risultato che i proponenti vogliono: essi progettano un’aggressione continua basata sulla discriminazione e sui discorsi d’odio.

4. Veniamo allora alla repressione della libertà di opinione, di manifestazione del pensiero, di associazione e di riunione. Abbiamo visto che la norma punisce colui che “incita” a tali discriminazioni. Contrariamente all’esempio che faceva Io Donna, per essere perseguito penalmente non è affatto necessario sollecitare il linciaggio di un omosessuale, è sufficiente chiedere ai Responsabili dell’Associazione cattolica degli scout di sostituire dei capi dichiaratamente omosessuali per il ruolo educativo che hanno nei confronti dei ragazzi; è sufficiente chiedere al giudice che mi ha tolto un figlio per le difficoltà familiari o per altri motivi di non affidarlo ad una coppia omosessuale, o scrivere al Vescovo perché faccia ordine in un seminario. “Istigare” significa “stimolare, indurre con consigli e incitamenti ad un’azione” (la norma utilizza il verbo come sinonimo di “incitare”, che usa per le associazioni vietate), nient’altro. In effetti, è una norma diversa quella che prevede una punizione più severa per l’incitamento alla violenza: come si è detto, non sono necessari né odio né violenza per sbattere in galera coloro che, quando è necessario, diranno la verità e solleciteranno le persone a seguirla.

Ciascuno di noi può intuire in quante occasioni potranno accusarci di avere incitato qualcuno (non necessariamente di persona, anche con lo scritto, con un articolo di giornale, con un post su Facebook) a discriminare “per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’identità di genere o sull’orientamento sessuale”.

Non basta: se venisse approvata questa legge, sarebbero vietati “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”: lo scopo – si noti bene! – non deve essere l’unico dell’associazione. Sono previste pene altissime (fino a sei anni di reclusione!), che potrebbero avere senso per associazioni neonaziste o razziste, ma che rischiano di essere inflitte a partecipanti a gruppi o movimenti del tutto pacifici. Non è un caso: ogni resistenza organizzata al dilagare dell’ideologia gender nella società deve essere stroncata; guai ad opporsi a certi corsi o a certe lezioni nelle scuole!

5. Ci sarebbero molte altre annotazioni da fare. Mi sembra evidente che sono in pericolo i fondamenti della democrazia che conosciamo: davvero è sorprendente – lo dico da giurista – che queste proposte siano sostenute, tra gli altri, da un partito che ha la democrazia nel suo nome. Le norme penali sono palesemente illegittime, sono lance scagliate contro la libertà di pensiero, di associazione e di riunione. Non si può che resistere.    

* Magistrato, Consigliere presso la Corte di Cassazione.

(fonte: La Nuova Bussola Quotidiana del 1.7.20)

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