Come ogni anno si rinnova anche oggi, secondo una tradizione pluricentenaria, il pellegrinaggio alla statua del Redentore posta sul monte Saccarello nel 1902 per volontà del beato Tommaso Reggio (vescovo di Ventimiglia e poi di Genova), che non vide però il lavoro ultimato.
Il presule infatti morì l’anno prima, proprio ai piedi di quella montagna, ammalandosi mentre si trovava a Triora per predisporre l’erezione di quella statua. Fu papa Leone XIII che, alla fine del 1800, chiese di erigere sulla montagna più alta di ogni regione dell’allora Regno d’Italia, una statua del Redentore per consacrare il Paese a Cristo in occasione del Giubileo del 1900.
La celebrazione della Santa Messa, presieduta dal nostro Vescovo, monsignor Suetta, non vuole solo rispettare la tradizione, sicuramente bella e significativa, ma richiamare nel contempo quei temi che tutta la cristianità ed il mondo intero si trovano ad affrontare.
In primo luogo, per noi sacerdoti, il richiamo, nella domenica della Trasfigurazione, a guardare in alto, a dare a Cristo il primo posto in ogni nostro agire, perché rischiamo – ed il papa spesso lo ricorda – di assumere atteggiamenti troppo mondani che ci conducono inevitabilmente a perdere il vero senso della nostra vocazione, ossia essere testimonianza del primato di Dio nella nostra vita.
Quando ci lamentiamo delle chiese vuote o dei giovani che non sembrano più interessati alla proposta di vita cristiana, dobbiamo porci alcuni seri interrogativi.
In primo luogo dobbiamo chiederci se la nostra è la testimonianza di una fede autentica che si fa carità operosa, o se è esclusivamente la stanca ripetizione di gesti tradizionali che finiscono per essere vuoti, se non animati dalla presenza di Cristo.
L’ascesa al Saccarello diventa così un itinerario che è lo stesso Gesù a proporci, oggi, per invitarci a riscoprire che cosa c’è alla base, che cosa costituisce il principio del nostro essere ed agire.
In secondo luogo, però, vuole richiamare l’attenzione di tutta la società civile in un tempo in cui l’attenzione all’ambiente nel quale viviamo sembra svanita.
La Chiesa ha voluto pronunciarsi con la «Laudato si’» sulle problematiche che il pianeta vive a causa dei nostri comportamenti scorretti.
È un importante dovere richiamare chi ci amministra alle responsabilità che, animato indiscutibilmente da grande spirito di servizio, si è assunto.
Conosciamo le difficoltà legate alla burocrazia ed anche le ristrettezze economiche che viviamo in questi anni, ma non possiamo accettare l’atteggiamento di chi, a livello internazionale, si «lancia» in grandi discorsi ideali sulla difesa del clima e poi, a livello locale, dimenticare chi questi problemi li subisce, come le nostre comunità montane ad esempio, abbandonate al loro destino. Questi paesi non hanno, da soli, la forza di rispondere al costo di tante, troppe necessità da affrontare.
Il caso di Monesi – e dello stesso comune di Mendatica di cui è frazione – è evidente e diventa la cartina di tornasole di questo comportamento che, a fronte dell’affermazione di ideali altissimi, condanna poi i nostri territori a scomparire.
Se non sappiamo difendere queste terre meravigliose che il clima e l’ambiente lo hanno rispettato – e basta salire sulle nostre montagne per vederlo – come possiamo pensare che la terra abbia un futuro? Condannare l’entroterra a morte certa, ridurre tutto a puro calcolo economico o, peggio, elettorale, dimostra una miopia terribile.
Il pellegrinaggio al Redentore richiama quindi questi temi e ci propone un cammino comune. Solo dalla contemplazione della gloria del Risorto nasce la forza di saper leggere i segni dei tempi per affrontare le sfide di un mondo che cambia. Così le tradizioni non perderanno il loro vero senso e anzi saranno segno di una fede che si incarna nel territorio e, allo stesso tempo, testimonieranno al nostro Paese che i cristiani sanno essere attenti, una volta scesi dal monte, ai bisogni della società nella quale vivono. Sale e luce per un mondo che deve imparare a guardare in alto e non può rinunciare a impegnarsi per un futuro migliore.