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Cultura

Percorso, la relazione di Invernizzi

16 Aprile 2017

Un viaggio nella storia della chiesa perseguitata, a partire dall’età apostolica.
Questo l’incipit della conferenza del professor Marco Invernizzi (nella foto in alto), storico, oltre che una delle voci più apprezzate di radio Maria per la sua trasmissione sul magistero ecclesiastico.
L’incontro di «Percorso» del 10 aprile ha affrontato il tema delle persecuzioni verso i cristiani oggi.
«Due sono le componenti che da sempre hanno tentato di distruggere la Chiesa. Una esterna ad essa ed una interna. Forze che vogliono sostituire il cristianesimo con l’ideologia del momento, che vogliono cancellare ogni tentativo di costruire una civiltà cristiana. Si tratta di una persecuzione viva ancora oggi, che colpisce la Chiesa in uscita».

E se il 900 ha utilizzato i regimi totalitari per farsi spazio, oggi l’ideologia anticristiana è più subdola, impregna la cultura a tal punto che gli stessi cristiani percepiscono un senso di debolezza, si sentono parte di un’ipotesi tra le tante, e non il segno della redenzione di Cristo.
«Il 1989 è stato l’anno della fine del regime comunista. Crollava il mondo moderno e si affacciava il nostro, quello post moderno, segnato – come ci ricorda Ratzinger – dalla dittatura del relativismo».
Una società liquida, dove non esiste nulla di buono, nulla di vero, nulla per cui offrire la propria vita e dove tutto dev’essere orientato dal mercato, dall’economia, verso la realizzazione di un utile personale.

«E l’ideologia ha affinato anche le forme del suo attacco al cristianesimo, che adesso sono condite da leggi studiate apposta per difendere la libertà di coscienza a parte di chi vuole fare obiezione alle stesse leggi», denuncia Inverizzi.

«È una libertà di imposizione che mette da parte i soggetti che non appartengono al circolo di illuminata intelligenza dal punto di vista lavorativo, espressivo, di sostentamento economico pubblico».
Nella seconda parte della conferenza è stato affrontato il pericolo dell’Islam, fuori controllo e che ha di nuovo manifestato la sua ferocia nell’attacco ai copti dei giorni scorsi: ultimi rimasti della cultura cristiana africana spazzata via poco alla volta nel corso dei secoli. «In esso vediamo tutto l’agire solito delle forze esterne che si dichiarano apertamente nemici della chiesa, rifiutandone ogni ragione».

In questa epoca di complessi flussi di comunicazione, è inoltre possibile vedere come queste due forze nemiche vengano una in sostegno dell’altra: la strage dei copti è scesa in meno di 24 ore a pagina dieci dei quotidiani principali, lasciando spazio ad altri episodi di cronaca molto meno ecclatanti ma usati come paravento per far dimenticare in fretta la strage di cristiani. «Semplicemente non se ne deve parlare, o se lo si fa, non bisogna far emergere il problema del conflitto religioso che c’è sotto – i copti sono la comunità cristiana più grossa a cui fanno riferimento tutte le altre confessioni di quell’area geografica – per il principio che della chiesa se ne deve parlare solo dipingendola come persecutrice dei diritti della modernità e mai come vittima».

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