Diocesi Ventimiglia – Sanremo

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Famiglia

Quale maternità?

18 Maggio 2016

Quanta distanza dal modello della mamma «angelo della casa» degli anni ‘60, adesso il modello è quello della mamma in tailleur che dopo un amorevole bacio sulla fronte del proprio bambino afferra la valigetta del lavoro per recarsi presumibilmente in un ampio ufficio dove lavorerà in serenità nutrita da ampie soddisfazioni ed avanzamenti di carriera.
Oggi come allora però la realtà è un’altra cosa: un’indagine di qualche anno fa, svolta dalle Acli d’Imperia in collaborazione con il Forum delle Associazioni familiari, infatti, aveva evidenziato come l’80% delle donne con figli fra gli 0 ed i 10 anni, affermassero che se non avessero avuto necessità economiche, avrebbero volentieri smesso di lavorare per dedicare più tempo ai propri figli. Una «anomalia» nella società del politicaly correct non così difficile da spiegare, anzi la risposta è fin troppo semplice: alle mamme è stato chiesto di lavorare fuori casa, ma gli è stato negato, ancora una volta, in un mondo tendenzialmente maschilista, il riconoscimento del lavoro fondamentale che svolgono come mamme.
Un tempo per educare i propri figli ci si poteva basare sui valori ed i metodi che le famiglie di origine avevano utilizzato e tramandato, ora tanto è da rivedere e ripensare. Un tanto che diventa troppo, perché il tempo per pensare e quindi scegliere consapevolmente, non c’è. Come denuncia Papà Francesco nell’Amoris Laetitia, la funzione educativa è in difficoltà anche perché «i genitori tornano a casa stanchi e senza voglia di parlare, in tante famiglie non c’è più nemmeno l’abitudine di mangiare insieme, e cresce una gran varietà di offerte di distrazioni oltre la dipendenza dalla televisione».
E le mamme corrono, corrono sempre, aggiungendo al lavoro retribuito un insieme di altre mansioni: taxista, psicologa, cuoca, pedagogista, infermiera, maestra, amministratore delegato, addetta al personale, pubbliche relazioni, responsabile ufficio spending review, ecc. e che proprio come nella pubblicità dove un bimbo disegna la mamma come super eroina contro i batteri, le mamme si trasformano ed indossato il mantello ed impugnata la spada combattono la loro quotidianità non riconosciuta.
Quanta strada dovrà ancora fare la nostra società per rendersi conto del valore della donna che ha tutto il diritto ad essere rispettata e valorizzata anche come madre?
Una strada lastricata di tempo riconosciuto per l’azione educativa dei figli, ma anche di formazione alla genitorialità così come avviene per i mestieri e le professioni.
Il futuro sono gli adulti di domani che tutti vorremmo onesti, liberi, responsabili, doti che si acquisiscono nel tempo, con competente azione educativa che non può essere ridotta ad una sorta di hobby, che si fa quando avanza tempo.
Una società che non investe nella formazione dei genitori e non lascia loro il «tempo» all’azione educativa, riconoscendone la differenza peculiare del maschile e del femminile è una società suicida.
Anche questa consapevolezza porta la nostra Chiesa locale ad interrogarsi e continuare, anche con forme innovative, a mettersi accanto alle famiglie. Lo stanno facendo il Centro di Aiuto alla Vita ed il Consultorio famigliare che hanno appena costituito una commissione scientifica per analizzare , alla luce dell’amoris laetitia, le nuove sfide della famiglia per nuove progettualità e le tante piccole e grandi realtà nella diocesi che si fidano della famiglia ed a loro si affidano per la costruzione di un futuro bello e buono.

Silvia Minasi

Vallecrosia, 8 maggio 2016

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