Nel panorama collettivo, le viscere della terra hanno rivestito il ruolo di riparo, fortezza e di consegna di sé. Allo stesso modo, alcuni brani biblici (cfr. Tb 6,18) ci narrano l’importanza simbolica delle viscere utilizzate come offerta gradita a Dio.
Anche per questo motivo, la vita eremitica, che da sempre ha incuriosito ed affascinato, suggerisce un’introspezione e un orientamento verso sé stessi, alla ricerca dell’io posto in relazione a Dio. Da queste considerazioni scaturisce la bimillenaria iconografia della Vesica Piscis o “Mandorla Mistica” dalla quale Dio si mostra nell’atto rivelativo del Logos Incarnato.
Proprio in virtù della donazione (Exitus) di Dio, l’uomo che se ne innamora sente l’esigenza di una risposta (reditus) intima e profonda. Pertanto, gli eremiti, gli anacoreti, i religiosi, il clero e i battezzati sono chiamati ad indagare questa possibile risposta, individuando e scegliendo il luogo più adatto per un sano discernimento. La comunità di Sant’Ampelio è l’esempio emblematico di tale ricerca e la sua architettura, dalle viscere profonde si erge verso il cielo come testimone di una risposta d’amore al Creatore del cielo e della terra (e del mare).
La pace che promana da questo luogo sulla scogliera è dovuta alla sapienza costruttrice di uomini, che conoscevano e vivevano il senso del sacro e che avevano la capacità di esprimerlo nelle arti figurative: in questo caso in quella architettonica.
L’analisi teologico–strutturale condotta in questi ultimi articoli sul presidio monastico di Sant’Ampelio, ci ha consentito di delineare la sintassi di riconoscibilità del patrimonio cultuale di cui è costellato il nostro territorio diocesano. Pertanto, alla luce di questi nuovi strumenti, potremo addentrarci nell’analisi del nostro patrimonio culturale, rilevandone i “fattori di riconoscibilità”.