Lunedì 18 ottobre nel foyer della Pontificia Università Lateranense è stata inaugurata la mostra fotografica dal titolo “Serbia e Vaticano 1878-1914”. A prima vista può sembrare una mostra riguardante due realtà, SantaSede e Serbia, molto lontane dalla terra di confine qual’è la Liguria. La realtà invece mostra come nel silenzio e nel nascondimento monsignor Cardon, parroco e prevosto di Taggia, abbia lavorato lungamente ed instancabilmente alla ratifica di un Concordato dalla conclusione estremamente incerta. Dopo primi contatti avvenuti, durante un viaggio a Belgrado, monsignor Cardon incontrò un ministro del Regno dei Serbi ed a lui affidò l’interesse della Santa Sede di un Concordato sul modello di quello di altri Stati europei.
Alcuni contatti vi erano già stati da parte di diplomatici pontifici , ma falliti a causa dell’ingerenza dell’Austria-Ungheria o per il profilo degli inviati. Gli venne conferito l’incarico da parte della Santa Sede di “agente ufficioso”. Tra l’aprile ed il settembre 1913, Cardon scambia un lungo carteggio con Bakotic , ministro di Serbia, ma solo dopo la , con la quale si delimitarono i confini del Regno fu possibile iniziare le trattative ufficiali. Il “Labaro”, giornale di Milano il 3 luglio 1914, dice di monsignor Cardon : “altri personaggi ecclesiastici avevano tentato inutilmente di porre basi dell’intesa, egli vi riuscì”. Il 24 giugno 1914, il Card. Merry del Val Segretario di Stato ed il Ministro plenipotenziario Vesnic, firmarono alla presenza di monsignor Pacelli (futuro Pio XII), Nicola Canali (futuro Cardinale), Dionigi Cardone Lujo Bakotic delegato serbo; il Concordato tanto sospirato. Se Cardon lavorò instancabilmente a questa intesa tra la Santa Sede ed il Regno dei Serbi, non più benigna fu lo scorrere della storia. Il 28 giugno seguente a Sarajevo venne assassinato l’Arciduca d’Austria, dando così, di lì ad un mese, inizio alla Prima Guerra mondiale che come “inutile strage” (Benedetto XV) devasterà l’Europa ponendo fine alla struttura geo-politica e sociale dell’Europa come fino ad allora era stata conosciuta. Se la grande storiografia tende a dimenticare il nome dei piccoli, Dionigi Cardon ci rammenta che sono coloro che lavorano instancabilmente e nel nascondimento (secondo la regola del Vangelo) a costruire il regnare di Dio sulla terra: esempio di buon pastore al servizio della chiesa universale.
“Mi auguro che lo studio continuo della storia delle relazioni internazionali possa ispirare le nuove generazioni, affinché contribuiscano a costruire una società sempre più caratterizzata dalla cooperazione reciproca e dalla ricerca del bene comune”. E’ l’auspicio espresso dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, nel discorso alla Pontificia Università Lateranense in occasione dell’apertura alla presenza del ministro degli Affari esteri della Repubblica Serba Nikola Selaković, della mostra “Serbia e Vaticano 1878-1914 organizzata dall’Archivio Nazionale di Serbia. Gallagher ha fatto riferimento a quella che ha definito “questione, spesso delicata e impegnativa, delle relazioni tra il Vaticano e i popoli dei Balcani” che “non ha mai cessato di avere un’importanza continua e notevole nel complesso quadro politico di quella regione”.
Antonio Saccomanno, direttore Archivio storico diocesano