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Vocazioni

Tre Nuovi Sacerdoti per Cristo e la Chiesa

13 Gennaio 2018

Omelia del Vescovo Antonio Suetta per le ordinazioni sacerdotali di sabato 13 gennaio 2018

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Il trittico di letture della Parola di Dio appena proclamate offrono come uno schema dell’agire di Dio nella vita dell’uomo e anche la traccia di un percorso di vocazione particolare come la chiamata al ministero sacro.
Il testo dell’esodo ci ha narrato il dono della manna, esperienza gioiosa dei doni di Dio, della sua provvidenza, della sollecitudine con cui risponde anche all’indifferenza e alla mormorazione.
Il brano della lettera agli ebrei ha rievocato un dono più grande, quello della legge, accompagnato da una singolare e luminosa esperienza di Dio sul monte Sinai.
Infine il Vangelo, ancora una volta, ci ha presentato la famosa vicenda di quel tale – ricordato come “il giovane ricco” -, che non si è reso disponibile alla sequela di Gesù a motivo di un cuore paralizzato dalla ricchezza.

Non facciamo fatica a riconoscere in questa successione di racconti la trama del farsi presente di Dio nella nostra vita. Innanzitutto ci sono i suoi doni – la vita in particolare -, elargiti con generosità straordinaria e senza nessuna forma di pretesa o richiesta in contropartita, se non la proposta di corrispondere al suo amore nella libertà. Così l’esistenza si disvela come un’interminabile catena dell’amore di Dio fatta di tanti anelli, tra i quali ve n’è qualcuno particolare, segnato spesso anche dalla fatica o dall’incomprensione: non si tratta di un anello mancante di quell’amore, quanto piuttosto di un anello speciale, mediante il quale Dio vuole marcare un passaggio, un invito a crescere e a maturare. Così si manifesta una vocazione. Bella a tal proposito la suggestione offerta da Enzo Bianchi: “I monaci sono come quelle persone che, nel momento culminante d’una festa gioiosa, si sentono irresistibilmente attratti fuori nella notte, perché capiscono che queste feste sono soltanto una pregustazione della festa di Dio che deve venire” (Avvenire 28 luglio 1995, p. 15). Mi riferisco alla manifestazione di Dio, che aveva reso radioso il volto di Mosè tanto che gli altri non potevano più fissarlo; mi riferisco anche ad ogni esperienza di Dio, che trasforma e stravolge la vita.

Carissimi ordinandi, sono certo che il vostro essere qui oggi davanti a Dio e alla sua Chiesa per essere consacrati per sempre al ministero sacro dipenda soltanto da questo, cioè da un incontro con lui che ha stravolto la vostra esistenza e che vi ha fatto certi che null’altro avrebbe potuto darle senso compiuto e pieno se non lo spenderla tutta per lui, consegnandola nelle sue mani. Avete rivolto lo sguardo al maestro buono e lo avete implorato di indicarvi la via per “avere in eredità la vita eterna”. Ed egli, fissandovi con amore di predilezione, vi ha confidato il segreto della vita buona e vi ha fatto comprendere che, per voi, il raggiungimento di quel traguardo, decisivo per ogni uomo, doveva passare attraverso una scelta radicale per lui nel servizio del Vangelo. Già in seminario vi ho rivolto la domanda che San Bernardo indirizzava ai suoi monaci: “ad quid venisti?, perché sei qua?”, domanda che Gesù stesso ha spesso rivolto ai suoi, come, ad esempio, alla madre dei figli di Zebedeo: “che cosa vuoi?” (Mt 20, 21), quando domandava per i suoi figli un posto speciale accanto al Maestro. “In quel caso Gesù con una provocazione inquietante e risolutiva ha ammonito gli interlocutori: “Voi non sapete quello che chiedete” (Mt 20, 22). In effetti anche il discepolo che ha deciso di seguire il Maestro, spesso non sa quel che desidera realmente, ignora le aspirazioni profonde che abitano il suo cuore, le motivazioni radicali che di fatto spingono il suo agire e il suo stesso camminare dietro Gesù. Se tale discepolo non vuole che la sua sequela sia ambigua o sottilmente e poi apertamente falsa, deve aver il coraggio costante di confrontare i propri desideri con la Parola del Maestro, a costo di sentirsi dire: “Tu non sai quel che chiedi”… formazione permanente, sotto questo profilo, è la disponibilità a scrutare e decifrare quel che c’è dietro alle domande o attese, ansie e conflitti, nervosismi o euforie, illusioni o delusioni… più o meno inespresse e pur sempre rivelatrici del nostro personale mondo interiore, di quel misterioso sottosuolo emotivo ove il nostro io affonda le sue radici” (cfr. A. Cencini, Il respiro della vita, 2002).

La liturgia dell’ordinazione vi chiederà fra poco di esprimere alcune promesse, che non rappresentano tanto un’adesione operativa ad un ruolo gerarchico che vivrete nella comunione ecclesiale, quanto piuttosto un’attitudine profonda del cuore ad affidarvi a Colui che vi ha chiamato, al suo stile e alla sua grazia: così infatti si concluderanno: “con l’aiuto di Dio lo voglio”.
Tale bisogno di affidamento totale nasce dalle parole di Gesù che abbiamo sentito nel Vangelo: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio! … È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”.

Le sicurezze umane, materiali e ideologiche così come quelle emotive e tanti legami, hanno la capacità di paralizzare il cuore, di pretendere la gestione dei doni di Dio e di offuscare lo splendore del suo rivelarsi; hanno la pericolosa capacità di mortificare anche i desideri più belli e più veri con i quali abbiamo intuito la verità di Gesù nella nostra vita.
E allora, chiamandovi oggi in nome di Gesù e della sua Chiesa al ministero presbiterale, sentendomi addosso tutta la grande responsabilità del discernimento finale, ricordando l’ammonimento di San Paolo al giovane pastore Timoteo: “Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui” (1 Tm 5, 22), vi esorto a rimanere fedeli alla Parola della grazia di Dio che vi ha chiamati, in costante stupore e rendimento di grazie a Dio per i suoi doni, sempre attenti alla sua parola “come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona” (Sal 122).
Facendo ancora mie le Parole di San Paolo a Timoteo, dico a ciascuno di voi: Allenati nella vera fede, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti. Per questo infatti noi ci affatichiamo e combattiamo, perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono. E tu prescrivi queste cose e insegnale. Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza… dedicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri. Abbi cura di queste cose, dedicati ad esse interamente, perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano (1 Tm 4, 7 – 16).

Ho voluto che questa celebrazione si aprisse con un canto missionario tradizionale, che ci ha fatto così implorare: “manda color che insegnino la retta via del ciel”: per questo, e per nessun’altra ragione oggi siete costituiti e mandati.

Sulla vostra bocca la Parola di Dio, nelle vostre mani i suoi sacramenti, nel vostro cuore, indiviso e tutto per Cristo, spazio generoso per i fratelli, specialmente i più poveri e deboli, nel vostro stile fedeltà alla Chiesa, nella vostra logica il lievito del Vangelo e non lo spirito del mondo, nei vostri progetti il disegno di Dio e non inutili strategie sociologiche: siate preti così. Lieti, ogni giorno di più di essere stati chiamati, riconoscenti per la fiducia accordatavi, uniti con il vescovo e i confratelli, veri amici di tutti, disposti a soffrire per il Vangelo e per la Chiesa, disponibili a lasciarvi svuotare di ogni cosa e di ogni mira per essere strumenti docili nelle mani di Dio.

Consumatevi fino all’ultimo respiro per il servizio di Dio e dei fratelli che oggi scegliete come orizzonte della vostra vita, rispondendo ad una immeritata scelta di Dio: la Chiesa e il mondo ha bisogno di preti così, secondo il cuore di Cristo. Ed in questo, soltanto in questo sia la vostra gioia.

Non vi sembri ardito questo programma di vita, certamente improponibile alla fragilità umana, ma confidate in Colui che vi ha chiamato e che è fedele e sentitevi rassicurati dalle parole con cui Gesù, guardandoli in faccia, ha risposto ai discepoli perplessi: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.

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Grazie per le foto ad Antonio Martini

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