Il ricordo di Monsignor Suetta durante la veglia di preghiera questa sera in seminario
“Firma fides. Per lui ora sono passate le cose di questo mondo. Lui che è stato custode dei suoi fratelli attraverso la guida pastorale del popolo di Dio. Noi abbiamo un grande tesoro in vasi di Creta. Questa sera ci consegna ancora un grande tesoro. Nella prospettiva della fede, di quella fede, egli ha affidato la sua vita totalmente nelle mani di Gesù, con quello stile personale , con quel garbo che era il modo profondo del suo essere.
Fra le cose alle quali teneva di più e che raccontava negli ultimi anni la storia della sua vocazione, i sacrifici fatti dai genitori; la gioia di una vita donata con stupore e gratitudine. E la figura della sorella che lo aveva accompagnato con dedizione totale nel suo ministero.
Sacerdote, chiamato dal Cardinale Siri come segretario, poi vescovo di Bobbio e quindi pastore della nostra diocesi. Il suo stile era intriso di fragilità, ma non è stato un debole, anzi, un uomo coraggioso generoso. Sempre con quella capacità, come raccomanda San Paolo, di farsi tutto a tutti. Di dire una parola buona a tutti, di non voler mai emergere perché era la sua vita a parlare. Questo lo ha reso capace di trasmettere, come era suo compito, il grande dono della fede e di abbandonarsi al Signore sempre. Noi questa sera siamo qui per fissare lo sguardo sulle realtà che lui ci ha indicato col suo ministero.
Ricordando l’episodio evangelico di quel tale che chiedeva a Gesù: “Che cosa debbo fare di buono per avere la vita eterna?”, possiamo dire che lui ha risposto con la sua vita.
Discepolo obbediente alla volontà del Signore e servo del Vangelo, ha servito il suo popolo perché molti potessero avere quella risposta. Egli ha vissuto secondo l’insegnamento di Gesù, fidandosi dei suoi insegnamenti, obbedendo ai suoi comandamenti, affidandosi della sua volontà: facendosi pane. Vivendo secondo lo stile di Gesù. Quello che di più ci ha colpito è la stessa sua bontà, che traspariva dal suo tratto, dalla sua persona, dal suo sorriso. Un uomo buono come il pane.
Ora per lui sono passate le cose di questo mondo. Lo affidiamo al Padre sapendo che, come servo fedele, riceverà il premio promesso. La gratitudine per lui deve tradursi in atteggiamento concreto. Per noi è un esempio da seguire, una strada sulla quale camminare.
Quella fragilità, che soprattutto negli ultimi tempi, ha segnato tanto la sua vita è stata anche uno stile di vita: quando sono debole è allora che sono forte.
Ringraziamo il Signore per averci dato un pastore che conosceva le sue pecore e le chiamava per nome. Ringraziamo per questo dono e per il bene che ha compiuto nella sua Chiesa e preghiamo perché non manchino mai pastori sapienti, capaci di donarsi con cuore indiviso. Un uomo dal cuore grande: nessuno è mai stato allo stretto nel cuore di mons. Barabino”.