La visita pastorale per ogni comunità parrocchiale è un evento di grazia perché occasione di verifica del proprio cammino di fede all’interno della chiesa locale. Raccontare perciò la cronaca di un appuntamento tanto significativo rischia di far perdere il vero senso di quello che, in questa settimana, ha vissuto la parrocchia di Santo Stefano Protomartire di Santo Stefano al Mare.
Dall’accoglienza, lo scorso lunedì, fino alla chiusura di oggi con la celebrazione dell’Eucarestia domenicale ed un pranzo che unirà tutti i fedeli al loro vescovo, gli incontri, le celebrazioni e i momenti conviviali possono essere compresi solo alla luce del Vangelo.
Questo è il profondo significato della visita: l’incontro con l’apostolo che viene a confermare nella fede i fratelli e le sorelle che il Signore ha affidato alla sua cura pastorale.
La parrocchia, senza ipocrite finzioni, si mostra nel suo agire quotidiano al pastore, per crescere anche attraverso la correzione, ma più spesso, con l’incoraggiamento a fissare lo sguardo su Cristo. Significativo il momento iniziale, nella cripta del Santo Cristo, luogo «nativo» della comunità religiosa e civile. Importante anche il dialogo con i diversi gruppi e le associazioni. Riportiamo alcune frasi scritte dai fanciulli del catechismo su monsignor Suetta: «Il vescovo aveva un cappello bellissimo, ne vorrei uno come il suo!», «voglio anch’ io fare il vescovo così posso benedire tutti!», «il vescovo mi è piaciuto perché aveva una collana d’argento con la croce come quella del tesoro ed era vestito di nero come i pirati», «io penso che farò il vescovo perché avevamo la giacca uguale», «se il vescovo ci fa conoscere e incontrare Gesù, da grande voglio anch’io fare il vescovo, anzi il papa!».
Possono sembrare, a noi grandi, considerazioni infantili. Lo sono, certo, ma rappresentano soprattutto il ricordo di un incontro significativo che tocca la vita delle persone. Così, per tutti coloro che in questi giorni hanno avuto la gioia di incontrare e parlare col vescovo, dagli ammalati, agli scolari, agli stessi amministratori, si realizza il segno di una chiesa che si fa missionaria e condivide con ogni uomo e donna del nostro tempo, la gioia di un annuncio che salva.
DI ANTONIO NUCCIO GARIBALDI